Come riconoscere un sindaco o un assessore comunale autenticamente liberale? Quali politiche lo distinguono dallo statalista o dal clientelare o dal demagogo? Quali ‘buone pratiche’ possono essere imitate e trasferite per diffondere il liberalismo amministrativo?
A queste (e altre) domande risponde il corso di auto-aggiornamento organizzato da Acom (Alleanza per le competenze nell’ospitalità e nelle mobilità) e sponsorizzato dal Festival della Cultura Liberale. Il calendario prevedere 6 incontri online gratuiti della durata di 2 ore. 3 incontri sul liberalismo amministrativo e 3 sulle Fondazioni di origine bancaria. Aree tematiche: -buone pratiche da imitare per favorire lo sviluppo locale -privatizzazioni/liberalizzazioni e servizi pubblici locali -lavoro agile e smart-working -rapporto con le fondazioni di origine bancaria e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, gli enti locali e il terzo settore. Al termine degli incontri, i partecipanti potranno incontrarsi ed elaborare progetti di collaborazione per lo sviluppo locale con il supporto di Acom.
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Turismo, accoglienza e mobilità, oltre l’emergenza pandemica. Scenario previsionale 2022-20241/31/2022 0 Comments «Turismo, accoglienza e mobilità, oltre l’emergenza pandemica. Scenario previsionale 2022-2024».
È questo il titolo dello studio elaborato da Domenico Barricelli, Silvia Testa e Maria Grazia Cinti, consultando un selezionato panel di esperti (manager, professionisti, imprenditori) operanti nella filiera del turismo in Italia, coinvolti nei cambiamenti in atto a seguito della pandemia di SARS-Cov-2. La ricerca ha esplorato le tendenze e gli scenari previsionali (2022/2024) con l’intenzione di individuare le principali direttrici del cambiamento che guideranno la ripresa post-Covid. Obiettivo dello studio: ridefinire il posizionamento strategico delle imprese e delle destinazioni del turismo Made in Italy. L’indagine offre agli stakeholder del turismo e a quanti interessati, utili elementi conoscitivi affinché gli operatori turistici prendano motivate decisioni nel reingegnerizzare i servizi e inserirsi con successo nelle tendenze in atto. Gli stakeholder del settore turistico, infatti, già prima della pandemia, riflettono sulla necessità di cambiamento, ora diventata una priorità, sia per garantire la salubrità dei luoghi di vacanza nel medio periodo, sia per adeguare, nel lungo periodo, la propria offerta per intercettare una domanda in profonda trasformazione. Le previsioni ruotano a cinque aree tematiche: 1. Overtourism e destinazioni minori. 2. Trasformazione digitale e big data nel turismo. 3. Rivoluzione verde e transizione ecologica. 4. Nuove esigenze e nuovi stili di consumo del turista post-pandemico. 5. Nuove forme di lavoro, per nuove competenze e pratiche formative Principali evidenze. La pandemia ha riorientato fortemente la domanda turistica, indirizzandola verso destinazioni alternative, nuove offerte che abbracciano rinnovati stili di viaggio e nuove esigenze formative e informative degli operatori del settore. Gli esperti hanno risposto alle domande sul “se” e sul “come” la trasformazione ecologica-digitale impatterà sullo scenario turistico futuro e sulla prospettiva del re-skilling degli operatori turistici, al fine di agire con una modalità consapevole e non “reattivo-difensiva” alle trasformazioni in atto. Tra le principali domande a cui il panel degli esperti ha fornito una personale visione e interpretazione, ricordiamo le seguenti:
Multimodal travel in Europa5/19/2021 0 Comments L'industria del trasporto passeggeri deve fare in modo che il viaggio ecologico diventi per il consumatore la prima scelta facile e naturale. Per far sì che le persone cambino il loro comportamento, le alternative all'auto e al volo devono essere almeno altrettanto buone. Le ragioni ambientali da sole non sono sufficienti, ci sono molti altri fattori determinanti nella scelta della modalità di viaggio - come il costo, la convenienza, l'efficienza e la flessibilità - che hanno un forte impatto. L’aumento continuo di richiesta di mobilità ha finora portato a tassi di crescita eccezionali per il trasporto individuale motorizzato, così come per i voli a lunga e breve distanza. Per interrompere questa tendenza, ai passeggeri di domani deve essere offerta più flessibilità di quella che un singolo metodo di trasporto può offrire da solo. Le aspettative dei clienti in materia di viaggi si evolvono a un ritmo rapido. I consumatori e i business man di oggi sono più informati e meno fedeli dei loro predecessori. Essi cercano esperienze differenziate e sono ormai clienti abituati a esperienze utente senza intoppi e ad offerte personalizzate. Cosa si intende per Multimodal travel? Il viaggio multimodale si riferisce alla combinazione di diverse opzioni di trasporto (dall'aereo al treno, al trasporto pubblico) nello stesso viaggio. Comporta il collegamento delle reti di trasporto esistenti, specifiche per ogni modalità, e permette ai viaggiatori di pianificare, prenotare e fare il biglietto per il loro viaggio da porta a porta attraverso qualsiasi modalità di trasporto. Secondo l’European Commission mezzi di pianificazione di viaggio multimodali forniscono ai viaggiatori europei informazioni complete facilmente accessibili che consentono decisioni di viaggio ben strutturate in base alle loro esigenze. Vengono Integrate le informazioni provenienti da diverse modalità di trasporto, basate su connessioni ferroviarie e di trasporto pubblico locale. Lo sviluppo di pianificatori di viaggio multimodali permette la creazione di un sistema di trasporto più efficiente; il cui beneficio è tratto dai cittadini in primis, dato che, non è sempre facile ottenere le giuste informazioni sui trasporti e le connessioni transfrontaliere; e allo stesso tempo permette una mobilità green, ovvero un viaggio che incide meno sull'ambiente. Inoltre, è possibile sostenere gli obiettivi delle politiche urbane, dato che un approccio integrato e centrato sul cittadino è ancora più richiesto nelle medesime. Le soluzioni di viaggio multimodali possono aiutare la ripresa del settore turistico? Il settore europeo dei trasporti e del turismo sta riponendo le sue speranze di ripresa post Covid-19 sulla multi-modalità per rafforzare la competitività, facilitare la mobilità e ridurre le emissioni di carbonio. Per implementare efficacemente un vero quadro multimodale in Europa, i dati devono essere condivisi tra gli operatori di trasporto, i servizi e i modi di trasporto in modo che i clienti abbiano tutte le informazioni di viaggio a portata di mano. Per i viaggiatori, la multi-modalità non è solo un'altra opzione per un'esperienza unica e personalizzata. Assicura anche che l'intero processo, dalla pianificazione, alla prenotazione, al pagamento, al viaggio vero e proprio e al ritorno a casa sia semplice. Per i governi, le soluzioni multimodali sono state identificate come una risposta per rendere il trasporto più verde e più accessibile a tutti. Le soluzioni multimodali permettono anche ai viaggiatori di adottare le modalità di trasporto meno inquinanti quando possibile, favorendo un viaggio più sostenibile. Aiutano anche a scoprire nuove destinazioni meno affollate, grazie alle loro reti più ampie che a loro volta migliorano la connettività regionale e la crescita economica. Uno degli aspetti più entusiasmanti della multi-modalità è che si tratta di un modello perfettamente realistico ed eseguibile. La tecnologia attuale permette già ai viaggiatori di prenotare diverse opzioni di viaggio sotto un unico PNR, fornendo ai consumatori una visione completa del loro viaggio da porta a porta. Affinché il viaggio multimodale funzioni nella pratica, l'intero sistema di trasporto deve essere sviluppato e messo in sicurezza per garantire l'assenza di ritardi nei servizi. Il sito dell'infrastruttura deve essere costantemente aggiornato per accogliere in futuro un numero maggiore di passeggeri multimodali. Questo significa anche che gli operatori dei treni e degli autobus devono essere in grado di ricevere un risarcimento dallo Stato se un guasto in una struttura impedisce al treno o all'autobus di funzionare come previsto. Questo è in parte regolato oggi dal diritto di ricorso; tuttavia, il sistema di compensazione non è stato ancora completamente sviluppato. La sfida più comune consiste nel fatto che non esiste un accordo commerciale tra gli operatori che regoli come vendere i servizi dell'altro e in cosa questi debbano consistere. Spesso, il regolamento tra gli operatori avviene manualmente, con grande incertezza tra di loro sul fatto che il sistema di pagamento funzioni correttamente o meno. MaaS (mobility as a service) e i viaggi multimodali possono essere il punto di partenza per gli operatori all’apertura e condivisione dei dati, con l'obiettivo di offrire servizi nazionali e transfrontalieri veramente integrati. Per avere successo, l'industria ha bisogno di piattaforme di inventario collegate in modo efficiente in grado di fornire un'esperienza ai passeggeri facile da usare, conveniente e senza discontinuità durante l’intero viaggio. Nel corso degli ultimi anni, sempre di più si parla di storytelling. Lo storytelling è uno strumento fondamentale oggigiorno per lo sviluppo del settore turistico nonché elemento influente per quanto riguarda i fattori decisionali del consumatore finale. Sempre di più, infatti, imprese e organizzazioni utilizzano il “content marketing” per la promozione dei prodotti da loro offerti, siano essi beni primari o servizi al consumatore. Lo storytelling è, pertanto, un modo efficace per raccontarsi e raccontare i propri valori e i propri prodotti. Inizialmente, prima dell’avvento dei social media, lo storytelling si presentava come una vera e propria narrazione scritta. Con l’avvento dei social media esso si è trasformato in visual-storytelling andando a far leva su un ulteriore elemento fondamentale per la creazione di awareness ed engagement: le emozioni. I nuovi metodi di comunicazione sono passati da meramente descrittivi a fortemente empatici e persuasivi, capaci di “far crescere” il desiderio del prodotto al consumatore. Per massimizzarne l’efficacia esistono però delle regole ben precise per la realizzazione dei visual-storytelling. Le tre parole che andranno tenute a mente sono tre: REALTA’, INTERAZIONE ed IDENTITA’. La realtà del tuo visual-storytelling sta nella realtà della vita dei tuoi consumatori. Uno strumento che in questo contesto potrebbe essere utilizzato è proprio l’esperienza di vita reale, vissuta. Questo tipo di argomento è infatti capace di aumentare la velocità del processo di identificazione del consumatore. Una cosa da non dimenticare è proprio il tuo target: rispetta i codici e i valori dei tuoi consumatori e sarai così capace di parlare sia alla comunità per intero ma anche al singolo soggetto. Un altro fattore fondamentale è l’interazione. Il tuo consumatore non si dovrà mai sentire meramente manipolato. Rendilo partecipe, interagisci con esso e crea sempre nuovi contenuti in grado di tenere alta l’attenzione verso il tuo brand. In ultima battuta, invece, troviamo l’identità. Essa risulta essere un elemento fondamentale per la creazione di awareness nel brand rappresentato. La parola da tenere sempre in mente quando si parla di identità è coerenza. Per non discostarti mai troppo dalla tua vision struttura il tuo visual storytelling attraverso la narrazione classica: il famoso filo narrativo (una situazione attuale, un elemento scatenante, avventure ed elementi risolutivi, ed una fina). Fonti:
it.semrush.com Come già discusso nel nostro ultimo articolo, il lavoro da remoto è forzatamente entrato a far parte delle vite di gran parte dei lavoratori dallo scorso anno. Diverse aziende hanno deciso di cogliere l’occasione per rimodulare gli schemi organizzativi e implementare come nuovo elemento permanente questa modalità di lavoro. Difatti, aziende forti del loro ruolo nel settore tech, come Facebook e Microsoft, hanno puntato su assunzioni direttamente a distanza e prolungamento del lavoro da remoto allora iniziato. Responsabilizzando gli individui e puntando sull’autonomia si sono aperti degli scenari in cui sono state anche riprese vecchie abitudini del passato, rivisitate sotto un’ottica differente. Parliamo della vita in costante movimento a bordo di un camper, con possibilità di lavorare viaggiando. La vanlife non è più un “lascio tutto e parto”. La crescita del trend. La vanlife è uno stile di vita che è cresciuto molto negli ultimi anni, la vita da furgone appunto vanlife, è di gran tendenza soprattutto sui social, basti cercare l’hashtag #vanlife su Instagram e vedere che è stato utilizzato 9.8 M di volte negli ultimi anni. La prospettiva di vivere in un furgone è passata da una connotazione di povertà e disagio, o da hippie degli anni ’60, a simbolo di indipendenza e vita all’avventura. Molte compagnie di vendita camper, come l’americana Winnebago industries, hanno visto aumentare le proprie vendite, e in questo caso particolare la sopracitata nel 2020 ha visto le prenotazioni aumentare al +4500%. Lavorare da remoto significa avere la scelta di svolgere il proprio lavoro da qualsiasi luogo, senza avere più legami con una sede fissa di lavoro. Sono ovviamente necessari: una buona connessione alla rete, apparecchiatura giusta e molta disciplina. Questo cambiamento culturale e tecnologico ha permesso alle persone di sognare inedite postazioni di lavoro che hanno senza dubbio concorso a stimolare produttività e creatività. Indubbiamente questo tipo di lavoro mobile immerso nella natura è stato facilitato dallo spostamento effettuato usufruendo di camper e furgoni attrezzati, permettendo di godere di una postazione ufficio vista mare o in mezzo al bosco. Come approcciare questo stile di vita?
Come riadattarsi? Riorganizzare la propria vita e il proprio lavoro in un viaggio continuo e itinerante a bordo di un camper o di un van, non è un cambiamento immediato soprattutto se si è alle prime armi. È un cambiamento radicale rispetto alle abitudini di lavoro in ufficio costruite socialmente fino agli ultimi anni, è necessario quindi entrare nella giusta mentalità, acquisire informazioni (esistono già diverse community e riviste che trattano l’argomento), e fare delle prime esperienze magari affittando il camper per dei periodi di prova prima di lanciarsi nell’acquisto. Nissan Office Pod Concept Il case study innovativo: a dare una spinta al bisogno di evasione e di viaggiare in sicurezza abbandonando una routine stressante ci ha pensato Nissan, progettando un furgone-ufficio che è ben presto diventato il sogno di molto lavoratori in smart working. Soprannominato Office Pod Concept, il camper che permette di avere un personale spazio di lavoro mobile è equipaggiato di una sedia Cosm, modificata dal produttore di mobili americano Herman Miller, e di uno spazio sulla scrivania abbastanza grande per un monitor di computer di grandi dimensioni. Oltre a permettere al lavoratore di godere dell’aria aperta anche in remoto, la sicurezza è garantita da un vano portaoggetti dotato di una "lampada antibatterica UV", che secondo Nissan può disinfettare oggetti personali come portafogli e telefoni. Altre caratteristiche dell'Office Pod Concept includono un sistema elettrico per l’avvio della caffettiera e altri dispositivi e un paraluce per ridurre l'eccesso di sole. Durante le pause lavorative è possibile rilassarsi sul tetto su una sdraio all’ombra di un ombrellone ripiegabile. Un pezzo mancante del puzzle che potrebbe elevare l'intero concetto è un letto convertibile per viaggi di lavoro di più giorni. Sembra che un qualche tipo di soluzione convertibile a letto singolo o doppio potrebbe essere progettato abbastanza semplicemente utilizzando la scrivania come supporto, dando ai proprietari la possibilità di stare fuori in natura per giorni alla volta o fare un viaggio di lavoro su strada senza fermarsi in un hotel. Il prototipo è stato presentato al TOKYO Auto Salon virtualmente e sembrerebbe che Nissan non intenda vendere il design al mercato di massa ma commercializzare solamente alcune parti modificate. Sicuramente il progetto rimane un concept futuristico essendo che ti permette di lavorare veramente da qualsiasi luogo e molto probabilmente nel futuro prossimo vedremo qualche azienda competitor rendere disponibile questi van, specificamente pensati per lo smart working, anche con possibilità di fruizione con affitto a lungo termine. E tu, trasferiresti il tuo ufficio in un camper? Aumento della produttività e bilanciamento della vita lavorativa Non c’è da stupirsi se tra le strategie più utilizzate per aumentare la produttività sul lavoro c’è la gestione efficace del tempo. In questo articolo ci focalizzeremo su due tendenze che stanno crescendo a buon ritmo e che prevedono di utilizzare il tempo a disposizione fruttando maggiori risultati, essendo presenti e concentrati sul presente in cui ci si ritrova a lavorare. Principi base per aumentare la produttività. Quali sono? Per assicurare un massimo livello di produttività è importante organizzare una gestione efficace del tempo. Il primo step è stabilire una serie di obiettivi da raggiungere entro un determinato periodo e assegnare delle scale di priorità alle attività che necessitano maggiore attenzione. Nel corso della giornata le distrazioni che non ci fanno lavorare possono essere molteplici, come un ufficio rumoroso, dei colleghi pretenziosi o delle apparecchiature datate che non performano come dovrebbero. Dall’ambiente di lavoro al modo in cui si svolge la giornata, bisogna individuare i fattori di distrazione e/o interruzione e catalogarli per avere una panoramica della gestione personale del tempo. La mindfulness applicata all’ambiente lavorativo. Come funziona? Negli ultimi anni la pratica della mindfulness è andata accorpandosi al mondo corporate, difatti il campo della meditazione esplora le opportunità di sviluppo e liberazione intrinseche nelle pratiche di consapevolezza. Spiccano in materia anche articoli scientifici di pubblicazioni di rilievo tra cui PUBMED, che sottolineano i benefici della mindfulness nella vita personale e professionale. Tra i benefici maggiori che è possibile trarre dalla mindfulness abbiamo: capacità di rispondere in modo efficace, sviluppo di intuitività e creatività, capacità di gestione dello stress, miglioramento della comunicazione interpersonale, apertura al cambiamento, armonizzazione mente e corpo. Tra le aziende che cavalcano l’onda abbiamo da un lato un colosso come Google con il suo programma di mindfulness training e, dall’altro vi è l’incoraggiamento, promosso attraverso diverse campagne di comunicazione e marketing, da parte di vari siti, riviste, associazioni e scuole di management. Diverse aziende stanno introducendo corsi e programmi di addestramento alla pratica della mindfulness nei loro programmi di sviluppo delle risorse umane, al fine di perseguire un maggiore profitto aziendale. L’obiettivo è di esplorare il campo per permettere a gruppi di dipendenti, considerati come professionali con doti personali, di crescere concentrandosi sulla comprensione e gestione delle proprie capacità cognitive, relazionali ed emozionali. Queste pratiche riflessive che vengono condotte sia individualmente che in gruppo si basano sull’applicazione dei principi della consapevolezza e della “presenza mentale” a momenti topici della vita organizzativa. Cosa stanno facendo dunque le organizzazioni? Incentivano le persone a praticare la mindfulness per raggiungere dei comportamenti organizzativi che portino risultati duraturi nel lungo termine. L’efficacia di tali comportamenti deriva dalla capacità personale di gestire al meglio emozioni e pensieri grazie a una padronanza e consapevolezza del proprio essere, eliminando il vagare tra le distrazioni, lo stress e le dispersioni di energie. Per l’azienda e il personale è possibile realizzare specifici spazi di benessere fisici e temporali all’interno dell’ambiente lavorativo, come fanno Apple e Nike, o particolari momenti formativi strutturati e continuativi capaci di offrire le condizioni necessarie per favorire lo sviluppo e il potenziamento della concentrazione. Inoltre, vengono sempre più introdotti benefit collegati al benessere influendo sulla motivazione del personale. A causa della pandemia molte persone sono andate in sovraccarico emotivo, smarrendo l’equilibrio tra vita personale e lavoro. Già parecchi mesi prima dell’epidemia da Covid-19 molte aziende avevano provato a introdurre la settimana lavorativa da 4 giorni, ma il tentativo era stato accantonato a causa del lavoro da casa obbligato dallo sforzo di contenimento del contagio. Prendendo spunto da un precedente modello finlandese, ora che si comincia a riconsiderare questa strategia di lavoro ridotto, la Spagna ha deciso di dare una chance all’esperimento. Il Governo ha infatti concordato un contratto di 3 anni con un monte ore settimanale di 32 ore, senza ridurre lo stipendio dei dipendenti. Ciò sarà possibile perché sarà il Governo stesso a investire (50 milioni di euro) garantendo che il salario rimanga inalterato per i lavoratori delle compagnie che intendono aderire al programma pilota. Il Governo coprirebbe il 100% dei costi delle aziende per il primo anno, il 50% per il secondo anno e il 33% per il terzo anno. Il progetto pilota, che sembrerebbe coinvolgere 200 compagnie, potrebbe iniziare già questo autunno. Galvan, politico spagnolo membro del quattordicesimo congresso dei deputati, sottolinea come la Spagna sia tra i paesi in cui i lavoratori impiegano maggiori ore lavorative senza però essere tra i paesi più produttivi. Lo scienziato politico vuole quindi sottolineare come lavorare più ore non significhi lavorare meglio. Già nel 2015 la Svezia ha concluso un programma di prova per una giornata lavorativa di sei ore, pur mantenendo il livello di compensazione di una giornata di otto ore. Il programma ha avuto luogo in una casa di riposo gestita dal governo e ha portato risultati contrastanti. L'orario ridotto ha reso i lavoratori più felici, ma è stato ritenuto troppo costoso e complicato per essere implementato in tutta la Svezia. Con i dipendenti che lavoravano meno ore, la casa di riposo aveva bisogno di assumere personale aggiuntivo per compensare il divario nella copertura, rendendo il piano impraticabile. Dipendendo dal tipo di settore in cui si opera questa soluzione può risultare modulabile o meno, ma quello che sicuramente non può mancare quando si adottano modelli flessibili è la fiducia del capo nei confronti dei dipendenti in merito allo svolgimento dei compiti assegnati. Oltre alla settimana lavorativa di quattro giorni, le aziende hanno provato giornate di lavoro più brevi. La teoria da comprovare è che se un dipendente si concentra intensamente sul suo lavoro senza distrazioni, può completare i suoi compiti in minor tempo, magari in cinque ore. È proprio qui che la mindfulness applicata al mondo corporate entra in sintonia con le strategie di riduzione delle ore lavorative. La concentrazione sul momento presente, l’assegnazione di priorità e l’eliminazione di distrazioni portano ai risultati e agli obiettivi desiderati, grazie a un aumento intelligente della produttività e correlata spinta di efficienza. La pandemia ha messo a dura prova anche il mondo degli eventi che, dopo aver dovuto rinunciare a tutto ciò che aveva programmato nel 2020, si è trovato davanti alla necessità di reinventarsi e di spostare i suoi eventi sul digitale. Sicuramente il danno economico provocato è stato ingente ma le aziende hanno trovato il modo di rifarsi, anche se in parte, grazie alla grande spinta dell’accelerazione digitale. Sicuramente adattare il formato di un evento fisico e trasformarlo in digitale non è facile, soprattutto quando è stato progettato con numerosi contenuti e diverse fruizioni. Gli eventi digitali hanno anche degli aspetti positivi:
In linea di massima, quando si sta programmando un evento online, si devono dare delle informazioni agli eventuali partecipanti su ciò che si sta organizzando, delle anticipazioni sui contenuti, sui temi trattati, su come ci si deve registrare per la partecipazione e quale sarà la modalità di fruizione. (Ci sono delle piattaforme che permettono la creazione di avatar digitali che “si muovono” fra i vari stand della fiera). Prima dell’evento è utile, se non fondamentale, ricordare agli iscritti la data e l’orario dell’evento così da non perderselo. È buona norma invece registrare il suo svolgimento così da renderlo fruibile anche in un secondo momento a chi non ha potuto partecipare; per chi ha assistito live, in un secondo momento gli si possono inviare il materiale usato. Un esempio di un evento che è stato trasformato in digitale è stato proprio la Milano Fashion Week Mens’Collection 2021 è stato possibile seguirla online, direttamente sulla piattaforma digitale di Camera Nazionale della Moda Italiana che ha trasmesso i contenuti dei marchi presenti in streaming completo di sfilate, video o addirittura anche stanze che andavano ad approfondire diverse tematiche. Geco invece è una vera e propria fiera virtuale in 3D, che si è svolta a fine gennaio, ed è stata del tutto interattiva permettendo ad ogni partecipante di immergersi nell’esperienza. Per ogni partecipante c’era la possibilità di creare un proprio avatar e “camminare” fra gli espositori tridimensionali disposti di stand virtuali. C’è stato un incontro fra buyer e visitatori che hanno potuto comunicare tranquillamente, come se fosse stato in presenza. Esulando dal tema degli eventi, durante la pandemia l’uso dei social media è notevolmente aumentato e questo significa che c’è stata una nuova enorme quantità di big data da processare. Come conseguenza, anche le varie aziende e piccole imprese si sono mosse in questa direzione, essendo stato l’unico mezzo per potersi tenere in contatto con i propri clienti e acquisirne altri. Si è puntato poi alla creazione di contenuti sfruttando le tendenze del momento o la situazione attuale: non a caso molti sono stati i seminari o webinar online a proposito del Covid e come gestire il periodo e le ripartenze in ogni ambito diverso. Quel che è certo è che il mondo degli eventi digitali non si fermerà insieme alla scomparsa del Covid ma continuerà ad evolversi, magari proponendo svariati eventi anche ibridi nonostante quelli fisici non saranno mai sostituibili. I titolari delle attività commerciali sono ormai all’esasperazione a causa delle restrizioni adottate dal governo per contrastare il Covid e che impongono loro di chiudere le porte dei locali e per i ristoratori che possono permetterselo, di offrire solamente servizio di asporto. Molti ristoratori hanno deciso di tentare di tutelarsi aderendo a neonate associazioni di categoria, come M.I.O. Italia, Movimento Io Apro, La Rete delle Partite Iva, Apit Italia, Pin, Associazione Fieristi Italiana e Lo Sport è Salute. Il loro intento, a prescindere dal colore della regione, è quello di rimanere aperti sia a pranzo che a cena. La protesta ha preso piede con una manifestazione a piazza Montecitorio il 6 aprile 2021, generando non poche opinioni contrastanti, visti i molti insulti rivolti al ministro Speranza e al presidente Draghi e i momenti di tensione con la polizia. Tra i manifestanti anche molte persone senza mascherina ed esponenti di Casa Pound, estrema destra e negazionisti del Covid, dai quali gli esercenti vogliono distaccarsi per dissociarsi da ogni forma di violenza. Quello che domandano i ristoratori è di incentivare le risorse per le strutture ospedaliere e sanitarie, protocolli e cure a domicilio, e focalizzarsi sul contenimento dei contagi che hanno luogo sui mezzi pubblici senza però impattare l’esercizio dell’attività della ristorazione. Desiderano che venga rimosso il coprifuoco nazionale, che venga eliminata la suddivisione per colori delle regioni, e la riapertura senza limitazioni di tutte le attività commerciali. In circa una quindicina a Bologna hanno tentato di aprire a pranzo il 7 aprile, con l’intenzione di affidare la contestazione di eventuali multe ai rispettivi legali. Le ragioni della protesta I fondi del decreto ristori vengono considerati una “miseria” da chi ormai ha chiuso le porte del proprio locale da mesi, ma soprattutto si ritiene che l’inizio dell’erogazione degli stessi finanziamenti avvenga in ritardo. Viene colpevolizzato il ministro Speranza per la gestione dei vaccini, poiché gli esercenti devono attendere una riapertura in funzione dei vaccini quando questi non arrivano o vengono fatti con priorità discutibili, ostacolando la ripresa. I ristoratori preferiscono chiudere quando l’asporto combinato alla consegna a domicilio non sono sufficienti almeno a bilanciare entrate ed uscite. E chi ha bisogno di quei soldi per andare avanti e sostenere la propria famiglia potrebbe incorrere nella necessità di rivolgersi a usurai. COSA CHIEDONO GLI ESERCENTI Paolo Bianchini, leader del movimento M.I.O. Italia, si rivolge al governo Draghi e al MEF richiedendo il blocco degli sfratti, aiuti concreti sia ai ristoratori che ai proprietari delle mura, che non stanno ricevendo gli affitti perché non si dispone della liquidità per il pagamento. Viene richiesta anche una revisione sulla gestione dei costi fissi, il blocco delle licenze e la sospensione della Bersani-Visco per tre anni. Questo per evitare che all’improvviso arrivi una multinazionale, un ristorante cinese, o peggio la malavita organizzata che dispone delle liquidità necessarie. Avendo perso circa il 60% del fatturato, i ristoratori hanno necessità per i prossimi 3 anni di recuperare stabilità. Bloccare le licenze significa dare la possibilità, a chi sopravvivrà a questo periodo tremendo, di poter ridare valore alla propria azienda. COSA RISCHIANO I RISTORATORI E I CLIENTI I ristoranti vogliono sottolineare che la riapertura viene effettuata seguendo tutti i protocolli di sicurezza e anti-contagio. In Piemonte, ad esempio, solamente clienti abituali e dipendenti di aziende hanno rischiato la contravvenzione per poter usufruire del servizio di ristorazione in zona rossa. Va sottolineato che i titolari delle attività non rischiano la chiusura indeterminata del locale in quanto la sanzione accessoria più grave è la sospensione dell’esercizio per 30 giorni. Chi decide di consumare all’interno del locale rischia una sanzione amministrativa che va da 400 a 3.000 euro. Questa è aumentata fino ad un terzo se commessa mediante l'utilizzo di un veicolo. Vi è la possibilità di pagare in misura ridotta entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione della sanzione pecuniaria nell’ammontare minimo di 400 euro oppure, se il pagamento avviene entro 5 giorni, con la riduzione del 30% del minimo, quindi con 280 euro. Le pressioni da parte della polizia locale non mancano, per questo motivo chi ha cercato di aprire in segno di protesta si è ritrovato costretto a pregare i pochi clienti “coraggiosi” di consumare da asporto. Il movimento IoApro è nuovamente tornato in piazza Montecitorio lunedì 12 aprile, nel tentativo di ricevere risposte alle loro domande, questa volta però senza autorizzazione del sit-in da parte della questura in quanto la piazza era già stata concessa ad un’altra manifestazione nella stessa fascia oraria. Nonostante ciò, è stato inoltrato e diffuso l’invito di partecipazione attraverso i social network, affermando che la manifestazione fosse stata invece autorizzata. Molti pullman diretti alla manifestazione sono stati fermati a Roma Nord. In maniera più velata i ristoratori di “Roma più bella” si sono uniti a “Italian Hospitality Network” la mattina sventolando bandiere bianche, in alternativa alla manifestazione pomeridiana. Intanto in Campania si intravedono i primi spiragli di ripresa in vista della zona arancione, in quanto vengono promesse riaperture delle attività commerciali e dei ristoranti, anche a cena, se sarà possibile contenere gli assembramenti grazie a uno sforzo maggiore delle forze dell’ordine. È passato un anno dall’inizio della pandemia, numerose sono state le proposte fatte nel settore turistico per far rendere i viaggi sicuri e far ripartire il settore. Da qualche tempo si parla specificamente di una proposta: il cosiddetto “passaporto verde”. L’obiettivo primario del passaporto verde è quello di rendere più libero il movimento all’interno dell’Unione Europea, rendendo più sicuri viaggi e spostamenti tra i paesi. Iniziativa altamente sostenuta soprattutto dalle compagnie aeree, turistiche e da quei paesi dove il settore Leisure prevale economicamente. L’Europa ha annunciato che la proposta diventerà presto vincolante tramite proposta legislativa, sarà valido solo per spostamenti all’interno dell’unione e comprenderà non solo i vaccinati ma anche coloro che presenteranno un tampone Covid negativo. Anche il Regno Unito sta considerando l’idea di acquisire un certificato di vaccinazione per aiutare le imprese turistiche a riaprire il più velocemente possibile. Il passaporto vaccinale da una parte potrebbe essere visto come uno strumento per la sicurezza dei viaggiatori e allo stesso tempo un modo per riavviare il settore, ma si scontra con pareri contrari i quali lo considerano “discriminatorio”, vediamo qualche argomento a favore e contro: PRO Il passaporto vaccinale è considerato un incentivo e potrebbe rappresentare una motivazione per indurre più persone a vaccinarsi. Tuttavia, David Archard, presidente del Nuffield Council on Bioethics, sostiene che non è necessariamente un modo equo per ottenere più accettazione nei confronti dei vaccini, la quale potrebbe essere meglio garantita fornendo informazioni più ampie e accurate alle persone. L’ottenimento di un certificato di vaccinazione potrebbe rappresentare per alcuni individui che sono stati privati dell'accesso a determinate opportunità di lavoro dalla pandemia. "E questo è importante", dice Archard. "Dopo tutto quello che abbiamo affrontato nell'ultimo anno sono notevoli le restrizioni alle libertà della popolazione, e qui c'è un modo in cui gli individui potrebbero ora essere in grado di recuperare quelle libertà fondamentali che mancano un po’ a tutti." I passaporti potrebbero anche offrire valore in termini di viaggi internazionali. Essere vaccinati significa che la probabilità di aver bisogno di richiedere il ricovero all'estero sia davvero limitata. Paul Hunter, professore di medicina all'Università dell'Inghilterra Orientale, dice che se gli ospedali di un paese sono già alle prese con alti livelli di Covid-19, la popolazione che si mette in viaggio rischia di appesantire ancora di più il sistema sanitario di un dato paese. CONTRO Mentre i vaccini impiegati hanno dimostrato di avere un'efficacia impressionante nel ridurre il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 sintomatico, non ci sono però ancora prove concrete che possano contrastare la trasmissione, alcuni scienziati sostengono che assumere semplicemente di non poter essere un veicolo di trasmissione solo perché sei stato vaccinato, non rappresenta ancora una buona base scientifica per una politica di passaporti. La maggior parte dei paesi sono nelle prime fasi del lancio del vaccino, e date le preoccupazioni circa l'impatto delle varianti esistenti - in particolare quella scoperta in Sud Africa ed in Inghilterra - e sulla capacità dei vaccini di offrire protezione, sarebbe prematuro introdurre il sistema dei passaporti. La maggiori parte dei paesi si trova ancora a più di metà strada, perciò si sta forse anticipando troppo la questione. Tali passaporti saranno utilizzati per dare alle persone che sono vaccinati e presunti di avere l'immunità la capacità di fare cose che altri non possono. Dato che l'introduzione del vaccino in alcuni paesi si basa su un sistema prioritario, alcune persone saranno vaccinate prima di altri. Senza contare coloro che scelgono autonomamente di non essere vaccinati. C'è il pericolo di stigmatizzare gli individui che non hanno certificazione, e si può anche penalizzare le persone (e/o paesi) che sono già in svantaggio a causa di alcune disuguaglianze. I passaporti potrebbero incoraggiare le persone che non sono state vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate ad ottenere certificazioni false. I controlli antifrode dovranno essere più impeccabili che mai. Le informazioni sulla salute, come i registri di vaccinazione, sono tenuti dall’ente sanitario locale e non possono essere diffusi per ragioni di privacy. Questi passaporti potrebbero significare che i dati potrebbero essere condivisi con società esterne con il rischio di utilizzi sbagliati e pregiudizievoli. La questione etica che circonda questa scelta è molto seria e deve essere affrontata nel modo più opportuno. Le idee sono tante e buone, ma il dibattito è ancora aperto: per organizzare la ripartenza bisogna pianificare al meglio riconoscendo gli interessi e i bisogni di ogni singolo individuo. Negli ultimi anni sempre più spesso abbiamo sentito parlare di “trasformazione digitale”, spesso anche al marketing e all’uso che se ne può fare se implementiamo nuove soluzioni digitali. In ogni caso, questo è un processo in continua evoluzione che si tiene al passo con i tempi ed è a stretto contatto con l’innovazione. In questo contesto si inseriscono anche l’importanza dei social media che sono fondamentali per fare conoscere la propria impresa ai potenziali clienti, incrementando quindi awareness e brand reputation, portando anche contenuti originali e al passo con i propri competitors. In questo ambito, si deve operare sia dal punto di vista culturale che, soprattutto, su quello tecnologico; il cambiamento è quindi fondamentale e deve essere graduale all’interno dell’azienda. Vediamo insieme qualche esempio di imprese che hanno attuato questa trasformazione digitale: - Mc Donald’s: un grande marchio che tutti conoscono nel mondo e che negli anni cerca di implementare l’innovazione, specialmente quella tecnologica, come possiamo vedere nei processi di vendita al cliente. Ne sono un esempio lampante i touch screen inseriti nei punti vendita che danno la possibilità di velocizzare il processo sia di ordine che di pagamento. Da anni Mc Donald’s sta curando la propria presenza su Internet e continua ad investire sempre di più sull’intelligenza artificiale, facendola diventare un suo punto di forza. - Barilla: rappresenta un caso tutto italiano in cui l’azienda si è imposta di digitalizzarsi il più possibile, usando come strumento l'iniziativa "Barilla Goes Digital” che andava a migliorare le tecnologie digitali riguardanti le attività interne ed esterne all’azienda. Inoltre, non possiamo non citare il Barilla Social Restaurant che nel 2016 fu inaugurato a Manhattan, un ristorante dotato di una vetrina digitale e interattiva, in combinazione con le tecnologie Microsoft che, tramite un sensore, venivano registrati i movimenti delle persone di fronte alla vetrina. Subito dopo, venivano raccolti i dati dei social network e programmati i contenuti riguardo ai menù. - Gucci: Gucci è un altro marchio che fa continui progressi con la digitalizzazione nei suoi servizi. Già nel 2019, l’azienda aveva proposto una funzione di realtà aumentata che permetteva ai suoi utenti di provare le snickers Ace direttamente online. Adesso invece, il marchio ha permesso di personalizzare come si vuole le proprie scarpe tramite app con una serie di strumenti e opzioni da combinare a parti di modelli già esistenti. Attualmente, l’Italia si trova al di sotto della media europea per quanto riguarda le Piccole e Medie Imprese, specialmente per quanto riguarda le vendite online. Le difficoltà incontrate sono dettate spesso dal fatto che molte aziende sono a conduzione familiare e non si sentono pronte al cambiamento o non hanno le skills per attuarlo. Per sopravvivere però c’è bisogno di una continua evoluzione e di adattamento al mercato in evoluzione. L’incombere del Covid ha portato sotto gli occhi di tutti la necessità di avviarsi, e anche rapidamente, verso una digitalizzazione delle imprese per poter mandare avanti il proprio lavoro, nonostante le difficoltà. Questa spinta non l’hanno colta soltanto le grandi aziende ma anche e soprattutto le PMI, i negozietti tradizionali che hanno imparato, finalmente, a spostare la loro attività sui social, ad innovarsi dal punto di vista delle iniziative e ad ingegnarsi nella fruizione dei propri servizi. Fonti:
www.ninjamarketing.it www.digital-leaders.it www.doxee.com www.economyup.it |
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April 2022
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