Negli ultimi anni sempre più spesso abbiamo sentito parlare di “trasformazione digitale”, spesso anche al marketing e all’uso che se ne può fare se implementiamo nuove soluzioni digitali. In ogni caso, questo è un processo in continua evoluzione che si tiene al passo con i tempi ed è a stretto contatto con l’innovazione. In questo contesto si inseriscono anche l’importanza dei social media che sono fondamentali per fare conoscere la propria impresa ai potenziali clienti, incrementando quindi awareness e brand reputation, portando anche contenuti originali e al passo con i propri competitors. In questo ambito, si deve operare sia dal punto di vista culturale che, soprattutto, su quello tecnologico; il cambiamento è quindi fondamentale e deve essere graduale all’interno dell’azienda. Vediamo insieme qualche esempio di imprese che hanno attuato questa trasformazione digitale: - Mc Donald’s: un grande marchio che tutti conoscono nel mondo e che negli anni cerca di implementare l’innovazione, specialmente quella tecnologica, come possiamo vedere nei processi di vendita al cliente. Ne sono un esempio lampante i touch screen inseriti nei punti vendita che danno la possibilità di velocizzare il processo sia di ordine che di pagamento. Da anni Mc Donald’s sta curando la propria presenza su Internet e continua ad investire sempre di più sull’intelligenza artificiale, facendola diventare un suo punto di forza. - Barilla: rappresenta un caso tutto italiano in cui l’azienda si è imposta di digitalizzarsi il più possibile, usando come strumento l'iniziativa "Barilla Goes Digital” che andava a migliorare le tecnologie digitali riguardanti le attività interne ed esterne all’azienda. Inoltre, non possiamo non citare il Barilla Social Restaurant che nel 2016 fu inaugurato a Manhattan, un ristorante dotato di una vetrina digitale e interattiva, in combinazione con le tecnologie Microsoft che, tramite un sensore, venivano registrati i movimenti delle persone di fronte alla vetrina. Subito dopo, venivano raccolti i dati dei social network e programmati i contenuti riguardo ai menù. - Gucci: Gucci è un altro marchio che fa continui progressi con la digitalizzazione nei suoi servizi. Già nel 2019, l’azienda aveva proposto una funzione di realtà aumentata che permetteva ai suoi utenti di provare le snickers Ace direttamente online. Adesso invece, il marchio ha permesso di personalizzare come si vuole le proprie scarpe tramite app con una serie di strumenti e opzioni da combinare a parti di modelli già esistenti. Attualmente, l’Italia si trova al di sotto della media europea per quanto riguarda le Piccole e Medie Imprese, specialmente per quanto riguarda le vendite online. Le difficoltà incontrate sono dettate spesso dal fatto che molte aziende sono a conduzione familiare e non si sentono pronte al cambiamento o non hanno le skills per attuarlo. Per sopravvivere però c’è bisogno di una continua evoluzione e di adattamento al mercato in evoluzione. L’incombere del Covid ha portato sotto gli occhi di tutti la necessità di avviarsi, e anche rapidamente, verso una digitalizzazione delle imprese per poter mandare avanti il proprio lavoro, nonostante le difficoltà. Questa spinta non l’hanno colta soltanto le grandi aziende ma anche e soprattutto le PMI, i negozietti tradizionali che hanno imparato, finalmente, a spostare la loro attività sui social, ad innovarsi dal punto di vista delle iniziative e ad ingegnarsi nella fruizione dei propri servizi. Fonti:
www.ninjamarketing.it www.digital-leaders.it www.doxee.com www.economyup.it
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Le competenze del futuro: la condivisione del sapere come nuovo asset del mondo del lavoro2/17/2021 0 Comments Il mercato del lavoro, nello scenario attuale, è in continua evoluzione – cambia e si trasforma velocemente; Con esso mutano anche i profili e le competenze richieste ai lavoratori, creando scompiglio tra giovani (e non), che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. Si passano ore a comprendere cosa inserire nel proprio curriculum senza sapere a volte, cosa è richiesto dai datori di lavoro. Le skills chiave che, sempre di più, saranno presenti nel futuro prossimo del mercato lavorativo, già menzionate nei precedenti articoli sono: soft skills, life long learning e T-shaped skills. Oggi andremo a spaziare nel tema delle soft skills ed in particolare del team working. Per comprendere la direzione futura del mondo del lavoro è necessario distaccarsi dall’idea accademica del lavoro. Gli studenti, al giorno d’oggi, sono sempre più indirizzati verso un approccio nozionistico tralasciando alcuni aspetti fondamentali del mondo del lavoro – le skills. Come già accennato in precedenza, tra le “nuove” competenze da introdurre per approcciarsi all’ambito lavorativo troviamo le soft skills o competenze trasversali. Esse risultano essere un punto trainante dello sviluppo dell’individuo, sia a livello personale, sia a livello lavorativo. Si tratta di elementi difficilmente dimostrabili (al contrario delle hard skills), ma determinanti per la comprensione del carattere. Tra quelle più richieste dai datori di lavoro ci sono il teamwork, la capacità di comunicazione, l’empatia e l’ascolto. Il minimo comune denominatore di quanto detto precedentemente si traduce in una parola principale: condivisione. Il lavoro di squadra, la comunicazione, l’empatia e l’ascolto sono tutte parte del gruppo di skills considerate “sociali” – facenti parte del processo di organizzazione delle conoscenze e di pensiero, per svilupparle e, successivamente, condividerle. In merito a ciò, è importante tenere a mente le parole del professor Domenico Barricelli, docente presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – che nel suo manuale “Work Life Project, progettare il proprio percorso di vita professionale”, sottolinea l’importanza dei project work per lo sviluppo del singolo attraverso i gruppi di apprendimento. Lo strumento del progetto permette, pertanto, di concentrarsi sui processi di relazione tra gli individui, nonché la comunicazione interpersonale – elementi che traspaiono soprattutto e grazie al lavoro in team.
Si tratta di un metodo didattico che si ispira al principio del “learning by doing” - il quale sottolinea il concetto secondo il quale, in seguito ad un periodo di studio/apprendimento, si è capaci di creare un piano di lavoro con obiettivi prefissati, in un contesto concreto. Il futuro, tuttavia, prospetta ulteriori sfide per il mercato del lavoro – l’aggiornamento continuo e costante chiamato anche “lifelong learning” – le conoscenze di un individuo, in tal senso, sono considerate beni ‘deperibili’ che vanno mantenute e implementate in maniera continuativa. Uno strumento utile, a tal proposito, è proprio il Team Working – l’obiettivo di questa metodologia è, infatti, quello di creare un ambiente partecipativo e stimolante, capace di sviluppare competenze di collaborazione, attraverso la condivisione della conoscenza, mettendola a disposizione del gruppo. Con il suo manuale, il professor Barricelli, ci fa comprendere l’importanza del team working come skill e come componente individuale necessaria per inoltrarsi nel ‘nuovo’ futuro del mondo del lavoro. Tra gli elementi da tenere in considerazione risulta esserci, inoltre, la necessità di un aggiornamento continuo, proprio per questa tendenza, sempre più accentuata, di mutamento improvviso del mercato e delle esigenze delle imprese nei vari settori dell’economia. Proprio in merito a questa necessità di aggiornamento continuo, ACOM sta organizzando un webinar gratuito in merito alle nuove competenze e abilità richieste ai giovani nel settore del turismo. La settimana scorsa abbiamo parlato in questo articolo delle skills imprescindibili sul lavoro, ma adesso contestualizziamo invece nel futuro del post pandemia: Nei prossimi anni, secondo il World Economic Forum sono previste più di 130 milioni di nuove opportunità lavorative nel mondo ed ecco perché diventano sempre più richieste nuove skills sul posto di lavoro. C’è chi si sta attualmente formando in tal senso e chi invece quando ci sarà bisogno dovrà attuare un’azione di reskilling. Sicuramente, data la situazione in corso tutte le imprese sono destinate a cambiare così come hanno dovuto già adattarsi, esplorando tutte le potenzialità del mondo della tecnologia, dello smart working e dei servizi digitali in continua crescita e diffusione. Molta strada c’è ancora da fare nel campo della trasformazione digitale e della formazione in sé per sé in quanto l’aspetto tecnologico è diventato fondamentale. Tra le soft skills individuiamo competenze quali il saper comunicare in modo efficace, saper lavorare in gruppo e gestire situazioni stressanti, il famoso problem solving; non basta solo questo perché serve dimostrarsi in grado di adattarsi, di essere flessibili ma soprattutto creativi. Nel settore marketing resta ancora cruciale costruirsi una rete di contatti e non potendolo fare alla “vecchia maniera” si ricorre sempre più ad eventi online, webinair e l’organizzazione di attività in rete che prevedano il coinvolgimento dei propri utenti permettendo così di rimanere in contatto con le persone; i canali online, i social sono diventati il mezzo principale di comunicazione e contatto. C’è la necessità, in futuro più che mai, di garantire al cliente un’esperienza di acquisto su misura soprattutto quando si confluirà sempre di più sui servizi digitali e si dovrà ragionare principalmente in un’ottica di customer experience. Inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico ha varato una misura che permetta alle PMI di ricevere un aiuto per attuare la cruciale trasformazione digitale di cui abbiamo parlato; si tratta del Voucher per consulenza in innovazione, tramite il quale l’azienda potrà scegliere un Innovation Manager con cui lavorare insieme per almeno 9 mesi. Inizialmente quando si sentiva parlare di competenze digitali ci si riferiva generalmente a qualcuno che sapesse ben destreggiarsi con la tecnologia mentre adesso questo non basta più: si è andati oltre, si devono saper ben gestire tutte le varie piattaforme, conoscere ed utilizzare al meglio tutte le loro varie potenzialità, la creazione di contenuti di valore e la capacità di gestione dei dati sono essenziali. Fra gli ambiti che necessiteranno maggiormente di investimenti abbiamo quello dei Data analytics e dell’e-commerce. Per quanto riguarda il primo, esso è in costante crescita da quando, insieme all’ingente mole di dati accumulati si è riscontrato anche il bisogno di qualcuno che sapesse effettivamente decifrarli questi dati, analizzarli e sfruttarli a vantaggio dell’azienda per spiccare sopra agli altri competitors. Anche il settore ricettivo è stato messo a dura prova in questo ultimo anno difficile e così gli hotel, non appena possibile sono ripartiti adattandosi alla situazione e cercando soluzioni innovative per garantire sicurezza ai propri clienti facendoli sentire sempre i benvenuti, anche senza il contatto umano diretto. Ecco allora che ci si è mossi verso servizi come i check-in online, dando la possibilità di inviare documenti e altro materiale necessario direttamente online; abbiamo anche check-in automatici con totem a disposizione dei clienti che potranno accedere nella struttura con totale autonomia. Per il self check-in esistono molte soluzioni innovative come applicazioni con le quali aprire direttamente la porta della propria camera, garantire il pagamento online dei vari servizi e anche degli extra, come le tasse di soggiorno o ancora, rimanendo nell’ambito delle applicazioni mobile, ce ne sono varie che vengono direttamente fornite dalla struttura o scaricate subito prima dal clienti in autonomia e con le quali potranno accedere a tutti i servizi dell’hotel, avere tutte le informazioni di cui necessitano e altro ancora. Nel campo del revenue management o gestione dei ricavi (che insegna, al fine di aumentare i ricavi e il tasso di occupazione nel nostro caso degli hotel durante l’anno, come regolare il prezzo e le strategie distributive in base alla domanda), anche qui la situazione non è delle migliori e c’è bisogno di un cambiamento per riprendersi e ripartire. Si deve continuare a raccogliere dati e tener traccia di tutti i movimenti, delle prenotazioni e di quelle cancellate, tenere d’occhio i settori che possono influenzare la domanda di viaggio. Dopo il Covid, quando la situazione si sarà sbloccata si dovrà ripensare completamente l’offerta e sarà probabilmente necessaria una nuova segmentazione in quanto cambieranno sicuramente le tendenze dei turisti. Le aziende si stanno progressivamente dirigendo verso un’informatizzazione che diventerà essenziale fra qualche anno ed ecco perché chi già possiede queste skills, o si sta muovendo fin da subito in quella direzione si ritroverà avvantaggiato rispetto a chi ancora fatica ad adattarsi ad un mercato in continua evoluzione. A tal proposito, noi di ACOM per il 10 marzo stiamo preparando un webinair gratuito focalizzato proprio sulla trasformazione digitale e sulle skills richieste per competere nel mondo del turismo. Registrati gratuitamente qui: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-quali-competenze-per-i-giovani-professionisti-del-turismo-post-covid-19-138917320445 Fonti:
www.randstad.it www.iodonna.it www.corrierecomunicazioni.it www.turismok.com www.italiaonline.iy www.labelium.com Questi tempi sono caratterizzati da un’enorme trasformazione economica, dall’era industriale direttamente alla società dell’informazione. La tecnologia è diventata parte integrante della nostra quotidianità, aumentando la velocità di cambiamento, di sviluppo, di aggiornamento. Questo cambiamento si è visto soprattutto nell’organizzazione aziendale, la nascita di nuove professioni, nuovi approcci e strategie. L’organizzazione del lavoro si è sempre basata sul modello Taylorista il quale fonda la produzione con un unico fine: l’incremento costante della produttività. Il parametro più importante è il tempo di produzione, non contano le competenze dei lavoratori bensì le performance legate alla quantità prodotta. La massima efficienza è ottenuta dalla standardizzazione della produzione e l’organizzazione è fortemente verticalizzata e centralizzata. Ma il mercato è in continuo cambiamento e a sua volta lo sono i clienti, i loro bisogni e la società in generale. Si inizierà infatti a dare più spazio alla qualità, nascono nuove tecnologie dando il via all’era post-industriale. Dall’inizio degli anni 2000 inizia a cambiare l’approccio organizzativo il quale si deve adattare ad una società in continuo mutamento e sempre più tecnologica. Lentamente si transita verso un’organizzazione più orizzontale, elastica, personalizzata e agile. Le aziende caratterizzate da un’organizzazione più decentralizzata, quindi orizzontale, danno importanza al concetto di network tra collaboratori per creare team che possano vantare conoscenze il più trasversali possibili, perciò ampie. Il capitale umano oggi è importante più che mai, lo sono le sue hard skills (le specializzazioni e conoscenze che uno possiede in determinati ambiti) ma lo sono ancor di più le sue soft skills (le sue capacità sociali e multidisciplinari). Questo nuovo modo organizzativo più elastico e agile permette di gestire il mercato complesso di oggi, dove il manager non impartisce ordini e i dipendenti come robot eseguono, bensì il manager diventa il coordinatore del team con il quale insieme raggiungerà gli obiettivi aziendali. Questa mutazione organizzativa spinge le imprese a ricercare modelli lavorativi diversi, dove competenze mirate non sono più valorizzate tanto quanto un tempo: oggi serve trasversalità per poter capire e gestire i cambiamenti del mercato e per fare ciò si inizia finalmente a valorizzare nuovi modelli relazionali e abilità sociali ovvero le famose soft skills: intelligenza emotiva, comunicazione, problem solving, adattabilità, gestione del tempo, teamwork, mentoring sono solo alcune di queste. Secondo il World Economic Forum (2018) le aziende che dureranno nel tempo saranno quelle che investiranno nella trasformazione digitale e nella formazione dei propri collaboratori. I candidati di oggi per avere successo hanno un nome ben specifico e si chiamano “T-shaped people”. Chi si può definire T-shaped? Sono persone in grado di combinare esperienze di business con capacità tecnologiche digitali e molteplici interessi. Un T-shaped ha una combinazione di capacità diverse, sono persone curiose riguardo il mondo che le circondano e volenterose nel provare a fare tutto, hanno una capacità principale che descrive la linea verticale della T , e conoscenze multi settoriali (date da interessi personali o una continua istruzione: life long learning) che costituiscono la linea orizzontale della T. Sono così empatici da poter abbracciare altre conoscenze e unirle alla conoscenza primaria, così facendo esercitano molteplici prospettive allo stesso momento esercitano comportamenti e azioni che vanno verso i bisogni umani universali. Le persone T-shaped possono adattarsi molto più velocemente ai cambi di ruolo soprattutto nel lavoro e sono grandi comunicatori e lavoratori di squadra. Per molti anni la IBM ha sottolineato l'importanza e il bisogno di più professionisti T shaped, perché sono molto più collaborativi, innovativi, si adattano più facilmente al cambiamento, sono risolutori di problemi e hanno soprattutto delle competenze comunicative che si estendono in molte aree diverse. I talenti digitali di oggi sono ancora isolati in funzioni e discipline che erano designate per incontrare i bisogni dell’era precedente, soprattutto accademicamente parlando. La stessa cosa accade per quanto riguarda incentivi e premi. Anche le università incoraggiano ad approfondire sempre più le stesse aree di specializzazione anziché ampliare le loro conoscenze tramite connessioni e networking con colleghi di diversi campi, errando nel mantenere una direzione relativamente “old-school”. In tutti i settori il nuovo millennio digitale ha bisogno e richiede nuovi tipi di professionisti e nuovi approcci lavorativi. Per aiutare le persone ad essere all’altezza di questi nuovo e dinamico ambiente fatto di rapidi cambiamenti e sistemi Smart, l’educazione dovrebbe incoraggiare lo sviluppo delle T-Skills sia per i professionisti digitali che per futuri lavoratori, i quali dovranno essere innovatori preparati per il futuro che richiede necessariamente specializzazione e flessibilità allo stesso tempo. I collaboratori di ACOM (docenti e studenti universitari) hanno dedicato una ricerca accademica riguardante le nuove competenze per il mondo del lavoro nell’era digitale, la formazione permanente dei professionisti, i manager del futuro e le soft skills del cambiamento. Il tutto è suddiviso in tre capitoli:
Riceverai inoltre molti altri approfondimenti come il report sulla tecnologia Blockchain e le sue applicazioni nel business e il prossimo elaborato riguardante le professioni del futuro con focus specifico nella professione del Social Media manager. Dopo aver parlato di start up tutte italiane nel precedente articolo, è arrivato il momento di concentrarci invece su alcuni esempi di donne imprenditrici in Italia e nel mondo. L’imprenditoria femminile è sicuramente ancora tutta da potenziare e incentivare, si trova in una condizione di minoranza nel mondo e ancora meno in Italia (soprattutto nell’imprenditoria in cui si registrano soltanto circa 1 donna su 5) CANVA: Partiamo subito con una start up molto famosa fondata da Melanie Perkins e che vale più di un miliardo di dollari. Nel 2007, la Perkins si trova in Australia ad insegnare ai suoi studenti come utilizzare programmi come Photoshop ma trovandoli molto difficili da usare per loro, le venne in mente un’idea: uno strumento online per creare, inizialmente, annuari scolastici che piano piano si è espanso al di fuori dell’Australia insieme al contributo del co-fondatore Cliff Obrech. Oggi tutti hanno la possibilità di realizzare prodotti di grafica non troppo complicati. MADAME MIRANDA: Piattaforma di servizi hair&beauty on demand fondata da Diamante Rossetti e Gioia Fiorani. La start up provvede all’esigenza di potersi prendere cura di sé stessi con trattamenti al corpo, viso, per i capelli e quant’altro con il vantaggio di essere sempre disponibili su richiesta ogni giorno ad ogni orario possibile fino alle 22 (andando così a sorpassare il problema che accomuna molti: non avere tempo negli orari prestabiliti dei vari saloni perché impegnati con il lavoro o altro). RISPARMIO SUPER: è Barbara Labate, siciliana, la co-fondatrice e CEO di Risparmiosuper.it, un sito e anche app che permette di confrontare i prezzi dei prodotti prima di andare a fare la spesa per riuscire a capire dove si possono trovare offerte migliori. Anche le aziende ne traggono profitto perché grazie all’app è possibile confrontare i propri prezzi con quelli dei concorrenti. Il tutto è nato da un’idea che le venne in mente proprio quando, da studentessa fuorisede, come molti lo sono stati, aveva il problema di risparmiare sulla spesa al supermercato, grazie alla validità del suo progetto vinse anche dei finanziamenti che la aiutarono a mandare avanti la sua idea. ORANGE FIBER: Impresa nata dall’idea di Adriana Santanocito, studentessa di Fashion e Design che iniziò ad interrogarsi su una possibile soluzione agli scarti industriali agrumicoli in una società che sempre più doveva volgere a cambiamenti sostenibili. Riuscì così con le sue idee e i suoi progetti a creare un filato innovativo partendo proprio dagli agrumi, depositando così in seguito un brevetto. Il tutto si concretizzò per bene nel 2015. Come è ben chiaro, questo progetto oltre ad essere innovativo è anche utile in maniera concreta e sostenibile all’ambiente grazie alla realizzazione di questi capi di vestiario in pratica biodegradabili, aiutando a smaltire anche le emissioni di Co2. YAMGU – You are my guide: Nata grazie a Ester Liquori da sempre un’amante dei viaggi; si tratta di una start up tutta italiana del turismo e più in particolare del social travelling. Essa è basata sull’intelligenza artificiale, nata nel 2014 ha lo scopo di dare all’utente la possibilità di programmare il proprio itinerario step per step e rimanendo, allo stesso tempo, aggiornato in tempo reale sulle condizioni meteo, gli eventi e le novità in corso nella destinazione prescelta sfruttando i dati presenti online riguardanti la città. DRESS YOU CAN: Start up nata dall’idea di Caterina Maestro Cottini nel 2014 sottoforma di esperimento di dress sharing che consiste principalmente nel noleggio di abiti, accessori e scarpe, all’insegna anche di un’economia sostenibile. Così ognuno almeno per una sera potrà concedersi ad un costo contenuto un abito, un accessorio particolare normalmente non accessibile a tutti e al tempo stesso monetizzare grazie al proprio guardaroba in affitto. BRANDON: Impresa fondata da Paola Marzario, è un distributore per i siti online e il suo primo fornitore è stato proprio la Moleskine nel 2012. La loro piattaforma ha come obiettivo quello di incentivare le vendite in base anche a dove c’è maggior traffico così l’utente finisce per trovarsi un intero catalogo dettagliato delle merci in varie lingue e un’altra serie di servizi annessi e ben curati. Brandon è ad oggi un distributore online che si specializza nel settore fashion e home&living. Questi sono solo alcuni degli innumerevoli esempi di imprese tutte al femminile che hanno anche riscosso un considerevole successo. Purtroppo, i numeri in Italia e nel mondo di imprenditrici non sono ancora quelli sperati e auspicati, ma sappiamo che i progetti e le capacità invece sono innumerevoli Fonti:
www.startup.info.it www.ilpost.it www.startupbusiness.it www.vivipositivo.com In un mondo, quello di oggi, pieno di iniziative, progetti e molto altro risulta utile far emergere anche le idee di tanti giovani che si sono cimentati in un progetto portandolo a termine con successo. L’Italia ha ancora bisogno di far crescere di più il numero dei suoi startupper ma vi si sta lavorando in qualche modo tramite fondi e finanziamenti anche a tasso zero per quei giovani che vogliono avviare una loro impresa (ma anche per chi una sua l’ha già avviata!) Ad esempio, si vuole aumentare il numero dei beneficiari di questo anche alle imprese che sono in campo da non più di 5 anni; aumentare la durata del mutuo dagli 8 ai 10 anni; nei punti aggiornati a marzo 2020 c’è anche la riduzione della quota di capitale proprio dal 25% a soltanto il 10%. Perché non diamo un’occhiata a qualche giovane imprenditore? Vediamo di quanti di questi avete già sentito parlare: (Altrimenti è l’occasione buona per conoscerli!) Valerio Masotti: è un giovane noto per aver già vinto diversi concorsi che consistevano nella realizzazione di video e spot promozionali, anni prima. Poi, nel 2008, diventa il co-fondatore di Slevin (insieme ad Andrea Masotti), una Creative Company nata a Roma nel 2011, di cui oggi è tutt’ora il presidente. Essa si occupa di Web, Graphic, Video, motion graphic, social media e tanto altro, fra cui numerosi progetti in ambito food&beverage. Francesca Bosco: Donna laureata in giurisprudenza, è stata da sempre appassionata di diritto internazionale. Al giorno d’oggi, è una delle autorità principali per quanto riguarda l’internet e la criminalità. Il suo grande impegno e duro lavoro l’hanno portata anche al World Economic Forum di Ginevra dove attualmente si occupa di cyber-resilienza. Il suo team è totalmente femminile, esperte provenienti da tutte le parti del mondo. Domenico Colucci: È un giovane startupper pugliese under 30, fondatore di Nextome (un’app per la navigazione indoor ) che è stato premiato addirittura ad Helsinki durante gli Europioneers nel 2015 come miglior imprenditore web dell’anno. La piattaforma, creata nel 2013 insieme ad un gruppo di under 30, riscosse molto successo e fu pensata per l’appunto per permettere alle persone di orientarsi meglio all’interno di spazi chiusi nei quali, si sa, il GPS non funziona per niente. Con essa invece è possibile visualizzare la propria posizione su una specie di mappa digitale che ti dà indicazioni precise su tutto ciò che c’è nelle tue vicinanze (ovviamente al chiuso!) Giulia Detomati: Fondatrice dell’associazione no-profit 20Sostenibili che si prefigge come scopo la realizzazione in campo ambientale di progetti con una attenzione speciale all’innovazione sociale e comunicativa. La Start-up insieme a enti pubblici, realizza anche studi di fattibilità per ideare qualcosa che vada a tutelare le aree libere o a rischio di edificazione. Augusto Marietti: è il co-creatore di Mashape insieme a Marco Palladino: un marketplace dove gli sviluppatori vendono “pezzi” di software, anche un mix di tool. Ad oggi, la piattaforma conta oltre 100mila sviluppatori con molti dipendenti giovanissimi; ma non si ferma qua: dopo aver guadagnato i propri soldi decide di investire anche in altri progetti. Daniela Galvani: È l’autrice di un’idea, insieme ad Andrea Sesta e Roberta Barone: Impossible Living è un progetto online che si propone di mappare i luoghi disabitati in tutta Italia e non solo, ma anche nel resto del mondo cercando di ideare per ognuno di essi una comunità virtuale impegnata a dare le proprie idee per il recupero di questi edifici. Daniele Scivoli: è l’ideatore di I food Share, una piattaforma che ha come scopo quello di evitare gli sprechi alimentari e aiutare chi è in difficoltà dando la possibilità a utenti privati di donare e anche ricevere del cibo che altrimenti verrebbe buttato. Ciò che sta alla base è appunto il cercare di evitare l’eccedenza alimentare nelle case e porvi rimedio aiutando chi ha bisogno. Il progetto parte da uno studio della FAO del 2011 in cui veniva trattato il problema degli sprechi alimentari a livello mondiale. Grazie all’utilizzo del web, invece, si ha la possibilità di raggiungere più persone e in maniera veloce e più efficace. Monica Archibugi e Giulia Gazzelloni: Due giovani under 30 romane, co-fondatrici della piattaforma Le Cicogne la nota piattaforma per trovare babysitter. L’impresa è nata nel 2013 grazie all’idea di Monica stessa che faceva, come tanti, la babysitter come lavoro extra, proponendo in seguito il tutto alla sua socia. La piattaforma è user friendly, divisa in due parti: una è dedicata ai genitori e a tutte le loro richieste per trovare una babysitter secondo le loro esigenze e dall’altra le tate stesse che hanno la possibilità di scrivere le loro disponibilità e capacità. Questo è anche un modo per regolamentare un lavoro molto poco tutelato. Oggi la start up conta oltre 83 città italiane! Fonti:
www.wired.it www.italiacontributi.it www.economyup.it Nuova era nuovi manager12/29/2020 0 Comments
Continuiamo a pensare che il problema più grande che affligge i business sia il sistema organizzativo. E se invece il problema fosse il sistema di management che non riesce a mantenere il passo con quello che serve davvero alle aziende al giorno d’oggi?
Il management è sempre stato suddiviso seguendo le teorie di Henri Fayol: programmazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo. Queste sono però oggi gli ingranaggi che bloccano l’intera macchina organizzativa di un business. Infatti, queste suddivisioni risalgono all’inizi del ‘900 caratterizzato da un panorama industriale stabile, crescente, estremamente tecnico (vi dice niente la catena di montaggio?) Il panorama commerciale di oggi si basa sulla tecnologia, tra i settori più volatili (non per niente Warren Buffet si è sempre rifiutato di investire in imprese tecnologiche sapendo che neanche lui, il dio della finanza, avrebbe potuto prevedere il loro andamento futuro). E per questo motivo i manager di oggi devono dimenticarsi di Fayol e cambiare drasticamente tecnica:
Da restrittivo a espansivo: Il micromanagement non è più una soluzione efficiente. non si delega, si supervisiona e basta. Ma questo non permette ai collaboratori di crescere. C’è bisogno di incoraggiare tutti i lavoratori a sviluppare il loro modo di pensare e di agire dandogli responsabilità e permettendogli di prendere decisioni.
Da esclusivo a inclusivo: I manager troppo spesso sono convinti di poter prendere da soli tutte le decisioni, ma l’esperienza ci dice invece che i capi migliori e vincenti sono quelli che creano gruppi di focus con i propri collaboratori per raccogliere prospettive diverse riguardo problemi e trovare le soluzioni migliori (ACOM ha dedicato 1 capitolo al sistema organizzativo AGILE e se ti iscrivi puoi ricevere un aggiornamento accademico completo al riguardo).
Il team building è una metodologia educativa che ha visto la sua nascita dal pedagogo Kurt Hahn nel 1941, colui che fondò la prima scuola di formazione esperienziale nel Galles. Dalla ricerca di Elton Mayo degli anni ’20, venne mostrata una correlazione fra le attenzioni rivolte ai membri di una compagnia di telefonia da parte dei loro responsabili e la produttività che ne scaturiva. L’espressione significa, letteralmente, “costruzione della squadra” e sta a significare quell’insieme di attività che servono proprio a far interagire un gruppo di colleghi affinché migliori la loro capacità di lavorare in squadra. Queste possono consistere anche in formazione manageriale o aziendale, ma più in generale queste sono le più disparate e servono essenzialmente a lavorare sul miglioramento della comunicazione interpersonale e aiutare il buon funzionamento della squadra. Spesso le aziende se ne avvalgono nel momento in cui il proprio team si trova sotto condizioni di stress o non riesce a raggiungere adeguatamente un obiettivo fissato. Un team building più tradizionale è quello formativo finalizzato a rendere i partecipanti consapevoli, dopo un’attenta analisi aziendale dei bisogni e punti critici da risolvere, di dover porre in atto un cambiamento nel proprio modo di operare e agire. I miglioramenti ottenibili servono a incrementare:
Un'altra tipologia di building più dinamica è quella ludica con la quale viene organizzata una vera e propria esperienza in grado di rendere coeso e compatto il gruppo di colleghi, instillando in loro un senso di appartenenza. Questo tipo di formazione non è propriamente scolastica come si potrebbe immaginare ma tutt’altro: ha lo scopo di uscire fuori dalla routine aziendale e raggiungere il compimento di questi obiettivi in modo implicito. Fra le attività più comuni abbiamo avventure varie, attività culinarie, giochi di ruolo, corse in go-kart, messe in scena di uno spettacolo magari, rafting (ad esempio alle Cascate delle Marmore c’è tale possibilità), paintball o delle molto divertenti Escape Room che si trattano di un vero e proprio lavoro di squadra. Al termine dell’attività i membri del gruppo saranno in grado di riconoscere le capacità e i limiti di ognuno di loro, creando un maggiore senso di collaborazione e se sarà un successo, i colleghi saranno motivati a raggiungere ancora nuovi traguardi. Ovviamente tutte queste iniziative possono essere tanto outdoor quanto indoor. Una menzione va fatta anche per quanto riguarda la durata di queste iniziative: si parte generalmente da un qualcosa di una mezz’oretta ad un totale di un paio di giorni di attività. Generalmente, quando si tratta di più giorni, sicuramente c’è in ballo un’attività che esuli il contesto aziendale e che si svolga lontano da esso, qualcosa di particolare che non sia parte della quotidianità lavorativa. Infine, l’ultimo step da affrontare è quello del coordinamento dell’attività che non viene affidata al caso ma è presente la figura di un coach professionale in grado di tenere traccia dei progressi della squadra e di aiutarli a stimolare la loro creatività e il lavoro comune. In base all’attività può servire un professionista del settore nel quale si specializza l’evento deciso o semplicemente una persona che coordini e motivi il team. Alla fine di tutto il coach si occupa anche di valutare la riuscita dell’attività. Guardiamo alcuni esempi particolari: Fonti:
Il concetto di Growth Hacking nasce nel 2010 grazie a Sean Ellis che lo ha applicato, con successo, ad alcune start-up. Il Growth Hacking è un modello innovativo di gestione e sviluppo di un business, al fine di creare un vantaggio competitivo indispensabile per farsi strada fra i concorrenti. Esso rappresenta un nuovo mindset costituito da un processo di sperimentazione continua, grazie al quale si ottiene una crescita rapida delle performance del business. Si lavora così focalizzandosi sull’uso strategico del marketing digitale, sullo sviluppo del prodotto, sul business, sul team e sull’analisi dei dati. Il primo ad occuparsi a 360 gradi del Growth Hacking in Italia è stato Raffaele Gaito: consulente e Growth Coach, autore di numerose pubblicazioni di riferimento e organizzatore della più grande conferenza d’Europa sul tema. Pronti a leggere l’intervista che Raffaele Gaito ha rilasciato ad ACOM?
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