Nuova era nuovi manager12/29/2020 0 Comments
Continuiamo a pensare che il problema più grande che affligge i business sia il sistema organizzativo. E se invece il problema fosse il sistema di management che non riesce a mantenere il passo con quello che serve davvero alle aziende al giorno d’oggi?
Il management è sempre stato suddiviso seguendo le teorie di Henri Fayol: programmazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo. Queste sono però oggi gli ingranaggi che bloccano l’intera macchina organizzativa di un business. Infatti, queste suddivisioni risalgono all’inizi del ‘900 caratterizzato da un panorama industriale stabile, crescente, estremamente tecnico (vi dice niente la catena di montaggio?) Il panorama commerciale di oggi si basa sulla tecnologia, tra i settori più volatili (non per niente Warren Buffet si è sempre rifiutato di investire in imprese tecnologiche sapendo che neanche lui, il dio della finanza, avrebbe potuto prevedere il loro andamento futuro). E per questo motivo i manager di oggi devono dimenticarsi di Fayol e cambiare drasticamente tecnica:
Da restrittivo a espansivo: Il micromanagement non è più una soluzione efficiente. non si delega, si supervisiona e basta. Ma questo non permette ai collaboratori di crescere. C’è bisogno di incoraggiare tutti i lavoratori a sviluppare il loro modo di pensare e di agire dandogli responsabilità e permettendogli di prendere decisioni.
Da esclusivo a inclusivo: I manager troppo spesso sono convinti di poter prendere da soli tutte le decisioni, ma l’esperienza ci dice invece che i capi migliori e vincenti sono quelli che creano gruppi di focus con i propri collaboratori per raccogliere prospettive diverse riguardo problemi e trovare le soluzioni migliori (ACOM ha dedicato 1 capitolo al sistema organizzativo AGILE e se ti iscrivi puoi ricevere un aggiornamento accademico completo al riguardo).
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Il team building è una metodologia educativa che ha visto la sua nascita dal pedagogo Kurt Hahn nel 1941, colui che fondò la prima scuola di formazione esperienziale nel Galles. Dalla ricerca di Elton Mayo degli anni ’20, venne mostrata una correlazione fra le attenzioni rivolte ai membri di una compagnia di telefonia da parte dei loro responsabili e la produttività che ne scaturiva. L’espressione significa, letteralmente, “costruzione della squadra” e sta a significare quell’insieme di attività che servono proprio a far interagire un gruppo di colleghi affinché migliori la loro capacità di lavorare in squadra. Queste possono consistere anche in formazione manageriale o aziendale, ma più in generale queste sono le più disparate e servono essenzialmente a lavorare sul miglioramento della comunicazione interpersonale e aiutare il buon funzionamento della squadra. Spesso le aziende se ne avvalgono nel momento in cui il proprio team si trova sotto condizioni di stress o non riesce a raggiungere adeguatamente un obiettivo fissato. Un team building più tradizionale è quello formativo finalizzato a rendere i partecipanti consapevoli, dopo un’attenta analisi aziendale dei bisogni e punti critici da risolvere, di dover porre in atto un cambiamento nel proprio modo di operare e agire. I miglioramenti ottenibili servono a incrementare:
Un'altra tipologia di building più dinamica è quella ludica con la quale viene organizzata una vera e propria esperienza in grado di rendere coeso e compatto il gruppo di colleghi, instillando in loro un senso di appartenenza. Questo tipo di formazione non è propriamente scolastica come si potrebbe immaginare ma tutt’altro: ha lo scopo di uscire fuori dalla routine aziendale e raggiungere il compimento di questi obiettivi in modo implicito. Fra le attività più comuni abbiamo avventure varie, attività culinarie, giochi di ruolo, corse in go-kart, messe in scena di uno spettacolo magari, rafting (ad esempio alle Cascate delle Marmore c’è tale possibilità), paintball o delle molto divertenti Escape Room che si trattano di un vero e proprio lavoro di squadra. Al termine dell’attività i membri del gruppo saranno in grado di riconoscere le capacità e i limiti di ognuno di loro, creando un maggiore senso di collaborazione e se sarà un successo, i colleghi saranno motivati a raggiungere ancora nuovi traguardi. Ovviamente tutte queste iniziative possono essere tanto outdoor quanto indoor. Una menzione va fatta anche per quanto riguarda la durata di queste iniziative: si parte generalmente da un qualcosa di una mezz’oretta ad un totale di un paio di giorni di attività. Generalmente, quando si tratta di più giorni, sicuramente c’è in ballo un’attività che esuli il contesto aziendale e che si svolga lontano da esso, qualcosa di particolare che non sia parte della quotidianità lavorativa. Infine, l’ultimo step da affrontare è quello del coordinamento dell’attività che non viene affidata al caso ma è presente la figura di un coach professionale in grado di tenere traccia dei progressi della squadra e di aiutarli a stimolare la loro creatività e il lavoro comune. In base all’attività può servire un professionista del settore nel quale si specializza l’evento deciso o semplicemente una persona che coordini e motivi il team. Alla fine di tutto il coach si occupa anche di valutare la riuscita dell’attività. Guardiamo alcuni esempi particolari: Fonti:
TERRITORI E PRODOTTI: le denominazioni di origine come fonte di cultura locale e fiducia nel consumatore12/1/2020 0 Comments Da sempre l’agricoltura e le tecniche in essa utilizzate, sono fonte vitale per i territori della nostra penisola. Ogni territorio italiano ha le sue caratteristiche, le sue peculiarità, le sue specializzazioni e tutto questo si riflette nella magnificenza dei suoi paesaggi, creati sul sapiente “sfruttamento” di esso, per scopi di sussistenza e che regalano, ad oggi, delle vedute caratteristiche volte a identificare e distinguere immediatamente un luogo da un altro; l’agricoltore, in questo contesto, si trasforma in una sorta di ‘custode’ di quel territorio e della sua biodiversità. I prodotti di questi territori non sono solamente il frutto di scambio e di economia locale, sono, invece, una forma di salvaguardia del territorio stesso, della cultura di un luogo e della civiltà che lo abita. L’Italia, grazie a questo forte legame tra il prodotto e il territorio di origine, possiede il più grande numero di prodotti agroalimentari e vinicoli IGP (Indicazione Geografica Protetta) e DOC (Denominazione di Origine Controllata) rispetto a tutti gli altri paesi dell’Unione Europea. Il conferimento di queste denominazioni funge da stimolo per la ricerca sempre maggiore di prodotti a qualità elevata, combinandola con la salvaguardia del territorio dal quale provengono; Prodotti che si sviluppano e assorbono le pratiche applicate dagli agricoltori locali e che vanno, di conseguenza, a rimarcare ancor di più, questo legame indissolubile con il territorio d’origine. A seguito di un sondaggio riguardante una popolazione di circa 100 soggetti diversi sono i dati emersi, fondamentali per comprendere il modo in cui questi prodotti sono percepiti dal consumatore, le caratteristiche che discriminano la scelta del prodotto con denominazione di origine rispetto ad altri. È venuto alla luce un dato particolarmente curioso, riguardante l’interesse del pubblico nella conoscenza della storia e delle peculiarità dei prodotti. La popolazione di questo sondaggio ha un’età compresa principalmente tra i 18 e i 45 anni, e proviene nella maggior parte dei casi da regioni del Nord e Centro Italia. Nella quasi totalità dei casi, i soggetti hanno sentito nominare almeno una volta nella loro vita le denominazioni di origine (DOP – IGP) e, oltre il 90% dei soggetti, acquista regolarmente questo tipo di prodotti, rivolgendosi però principalmente al mercato agroalimentare (57%) piuttosto che quelli di produzione vinicola (35,5%) – il restante 7,5% non acquista prodotti IGP o DOP. Tra i fattori presi in considerazione, ad oggi, per l’acquisto di questo tipo di alimenti spicca in prima posizione la qualità del prodotto (41,9%), a seguire troviamo la voce riguardante la provenienza del prodotto (26,9%) e infine, in terza posizione abbiamo la “salute” (11,8%) che lo stesso trasmette. Il 95% dei soggetti coinvolti ripone molta fiducia nei prodotti con denominazione di origine, sicurezza e fede derivante principalmente dai numerosi controlli che questi devono superare, il monitoraggio delle filiere e la garanzia, per molti, della provenienza del prodotto stesso. Questo ultimo di “sentiment” risulta tanto più elevato quanto più il soggetto è proveniente dal territorio originario del prodotto prescelto. Ultimo dato emerso, molto interessante, risulta essere quello riguardante il piacere e l’interessamento nel conoscere il prodotto, il suo legame con la storia, con la cultura, le pratiche utilizzate e tutto quello che riguarda le caratteristiche intrinseche della merce in questione. È infatti pari al 71% il numero dei partecipanti che gradirebbe avere più conoscenza dei prodotti con denominazione di origine. Questi dati risultano particolarmente utili per lo sviluppo di questo genere di prodotti, in quanto, proprio la garanzia di provenienza degli stessi è fonte primaria della fiducia del consumatore. L’importanza di suddetti prodotti per l’economia locale è sempre maggiore, in quanto capace di far conoscere un territorio e la sua cultura, ma non solo, anche le pratiche utilizzate nella produzione. Prodotti fondamentali non solamente nel mercato interno, ma anche in quello europeo e globale, in grado di far espandere il settore del Food & Beverage italiano e volto alla diffusione della cultura italiana nel mondo.
Risultato che solamente un prodotto a marchio Made in Italy, sempre più forte globalmente, è capace di dare. |
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April 2022
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