Nel corso degli ultimi anni, sempre di più si parla di storytelling. Lo storytelling è uno strumento fondamentale oggigiorno per lo sviluppo del settore turistico nonché elemento influente per quanto riguarda i fattori decisionali del consumatore finale. Sempre di più, infatti, imprese e organizzazioni utilizzano il “content marketing” per la promozione dei prodotti da loro offerti, siano essi beni primari o servizi al consumatore. Lo storytelling è, pertanto, un modo efficace per raccontarsi e raccontare i propri valori e i propri prodotti. Inizialmente, prima dell’avvento dei social media, lo storytelling si presentava come una vera e propria narrazione scritta. Con l’avvento dei social media esso si è trasformato in visual-storytelling andando a far leva su un ulteriore elemento fondamentale per la creazione di awareness ed engagement: le emozioni. I nuovi metodi di comunicazione sono passati da meramente descrittivi a fortemente empatici e persuasivi, capaci di “far crescere” il desiderio del prodotto al consumatore. Per massimizzarne l’efficacia esistono però delle regole ben precise per la realizzazione dei visual-storytelling. Le tre parole che andranno tenute a mente sono tre: REALTA’, INTERAZIONE ed IDENTITA’. La realtà del tuo visual-storytelling sta nella realtà della vita dei tuoi consumatori. Uno strumento che in questo contesto potrebbe essere utilizzato è proprio l’esperienza di vita reale, vissuta. Questo tipo di argomento è infatti capace di aumentare la velocità del processo di identificazione del consumatore. Una cosa da non dimenticare è proprio il tuo target: rispetta i codici e i valori dei tuoi consumatori e sarai così capace di parlare sia alla comunità per intero ma anche al singolo soggetto. Un altro fattore fondamentale è l’interazione. Il tuo consumatore non si dovrà mai sentire meramente manipolato. Rendilo partecipe, interagisci con esso e crea sempre nuovi contenuti in grado di tenere alta l’attenzione verso il tuo brand. In ultima battuta, invece, troviamo l’identità. Essa risulta essere un elemento fondamentale per la creazione di awareness nel brand rappresentato. La parola da tenere sempre in mente quando si parla di identità è coerenza. Per non discostarti mai troppo dalla tua vision struttura il tuo visual storytelling attraverso la narrazione classica: il famoso filo narrativo (una situazione attuale, un elemento scatenante, avventure ed elementi risolutivi, ed una fina). Fonti:
it.semrush.com
0 Comments
Negli ultimi anni sempre più spesso abbiamo sentito parlare di “trasformazione digitale”, spesso anche al marketing e all’uso che se ne può fare se implementiamo nuove soluzioni digitali. In ogni caso, questo è un processo in continua evoluzione che si tiene al passo con i tempi ed è a stretto contatto con l’innovazione. In questo contesto si inseriscono anche l’importanza dei social media che sono fondamentali per fare conoscere la propria impresa ai potenziali clienti, incrementando quindi awareness e brand reputation, portando anche contenuti originali e al passo con i propri competitors. In questo ambito, si deve operare sia dal punto di vista culturale che, soprattutto, su quello tecnologico; il cambiamento è quindi fondamentale e deve essere graduale all’interno dell’azienda. Vediamo insieme qualche esempio di imprese che hanno attuato questa trasformazione digitale: - Mc Donald’s: un grande marchio che tutti conoscono nel mondo e che negli anni cerca di implementare l’innovazione, specialmente quella tecnologica, come possiamo vedere nei processi di vendita al cliente. Ne sono un esempio lampante i touch screen inseriti nei punti vendita che danno la possibilità di velocizzare il processo sia di ordine che di pagamento. Da anni Mc Donald’s sta curando la propria presenza su Internet e continua ad investire sempre di più sull’intelligenza artificiale, facendola diventare un suo punto di forza. - Barilla: rappresenta un caso tutto italiano in cui l’azienda si è imposta di digitalizzarsi il più possibile, usando come strumento l'iniziativa "Barilla Goes Digital” che andava a migliorare le tecnologie digitali riguardanti le attività interne ed esterne all’azienda. Inoltre, non possiamo non citare il Barilla Social Restaurant che nel 2016 fu inaugurato a Manhattan, un ristorante dotato di una vetrina digitale e interattiva, in combinazione con le tecnologie Microsoft che, tramite un sensore, venivano registrati i movimenti delle persone di fronte alla vetrina. Subito dopo, venivano raccolti i dati dei social network e programmati i contenuti riguardo ai menù. - Gucci: Gucci è un altro marchio che fa continui progressi con la digitalizzazione nei suoi servizi. Già nel 2019, l’azienda aveva proposto una funzione di realtà aumentata che permetteva ai suoi utenti di provare le snickers Ace direttamente online. Adesso invece, il marchio ha permesso di personalizzare come si vuole le proprie scarpe tramite app con una serie di strumenti e opzioni da combinare a parti di modelli già esistenti. Attualmente, l’Italia si trova al di sotto della media europea per quanto riguarda le Piccole e Medie Imprese, specialmente per quanto riguarda le vendite online. Le difficoltà incontrate sono dettate spesso dal fatto che molte aziende sono a conduzione familiare e non si sentono pronte al cambiamento o non hanno le skills per attuarlo. Per sopravvivere però c’è bisogno di una continua evoluzione e di adattamento al mercato in evoluzione. L’incombere del Covid ha portato sotto gli occhi di tutti la necessità di avviarsi, e anche rapidamente, verso una digitalizzazione delle imprese per poter mandare avanti il proprio lavoro, nonostante le difficoltà. Questa spinta non l’hanno colta soltanto le grandi aziende ma anche e soprattutto le PMI, i negozietti tradizionali che hanno imparato, finalmente, a spostare la loro attività sui social, ad innovarsi dal punto di vista delle iniziative e ad ingegnarsi nella fruizione dei propri servizi. Fonti:
www.ninjamarketing.it www.digital-leaders.it www.doxee.com www.economyup.it Le competenze del futuro: la condivisione del sapere come nuovo asset del mondo del lavoro2/17/2021 0 Comments Il mercato del lavoro, nello scenario attuale, è in continua evoluzione – cambia e si trasforma velocemente; Con esso mutano anche i profili e le competenze richieste ai lavoratori, creando scompiglio tra giovani (e non), che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. Si passano ore a comprendere cosa inserire nel proprio curriculum senza sapere a volte, cosa è richiesto dai datori di lavoro. Le skills chiave che, sempre di più, saranno presenti nel futuro prossimo del mercato lavorativo, già menzionate nei precedenti articoli sono: soft skills, life long learning e T-shaped skills. Oggi andremo a spaziare nel tema delle soft skills ed in particolare del team working. Per comprendere la direzione futura del mondo del lavoro è necessario distaccarsi dall’idea accademica del lavoro. Gli studenti, al giorno d’oggi, sono sempre più indirizzati verso un approccio nozionistico tralasciando alcuni aspetti fondamentali del mondo del lavoro – le skills. Come già accennato in precedenza, tra le “nuove” competenze da introdurre per approcciarsi all’ambito lavorativo troviamo le soft skills o competenze trasversali. Esse risultano essere un punto trainante dello sviluppo dell’individuo, sia a livello personale, sia a livello lavorativo. Si tratta di elementi difficilmente dimostrabili (al contrario delle hard skills), ma determinanti per la comprensione del carattere. Tra quelle più richieste dai datori di lavoro ci sono il teamwork, la capacità di comunicazione, l’empatia e l’ascolto. Il minimo comune denominatore di quanto detto precedentemente si traduce in una parola principale: condivisione. Il lavoro di squadra, la comunicazione, l’empatia e l’ascolto sono tutte parte del gruppo di skills considerate “sociali” – facenti parte del processo di organizzazione delle conoscenze e di pensiero, per svilupparle e, successivamente, condividerle. In merito a ciò, è importante tenere a mente le parole del professor Domenico Barricelli, docente presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – che nel suo manuale “Work Life Project, progettare il proprio percorso di vita professionale”, sottolinea l’importanza dei project work per lo sviluppo del singolo attraverso i gruppi di apprendimento. Lo strumento del progetto permette, pertanto, di concentrarsi sui processi di relazione tra gli individui, nonché la comunicazione interpersonale – elementi che traspaiono soprattutto e grazie al lavoro in team.
Si tratta di un metodo didattico che si ispira al principio del “learning by doing” - il quale sottolinea il concetto secondo il quale, in seguito ad un periodo di studio/apprendimento, si è capaci di creare un piano di lavoro con obiettivi prefissati, in un contesto concreto. Il futuro, tuttavia, prospetta ulteriori sfide per il mercato del lavoro – l’aggiornamento continuo e costante chiamato anche “lifelong learning” – le conoscenze di un individuo, in tal senso, sono considerate beni ‘deperibili’ che vanno mantenute e implementate in maniera continuativa. Uno strumento utile, a tal proposito, è proprio il Team Working – l’obiettivo di questa metodologia è, infatti, quello di creare un ambiente partecipativo e stimolante, capace di sviluppare competenze di collaborazione, attraverso la condivisione della conoscenza, mettendola a disposizione del gruppo. Con il suo manuale, il professor Barricelli, ci fa comprendere l’importanza del team working come skill e come componente individuale necessaria per inoltrarsi nel ‘nuovo’ futuro del mondo del lavoro. Tra gli elementi da tenere in considerazione risulta esserci, inoltre, la necessità di un aggiornamento continuo, proprio per questa tendenza, sempre più accentuata, di mutamento improvviso del mercato e delle esigenze delle imprese nei vari settori dell’economia. Proprio in merito a questa necessità di aggiornamento continuo, ACOM sta organizzando un webinar gratuito in merito alle nuove competenze e abilità richieste ai giovani nel settore del turismo. Storicamente per definire l’essenza del growth hacking ci si rifà a una data precisa, il 26 luglio 2010, quando per la prima volta il marketer Sean Ellis scrive un post dedicato all’argomento: “Find a Growth Hacker for your startup“. Di cosa si tratta? Il growth hacking è un mindset, un approccio. Il termine, non traducibile in italiano, viene usato per descrivere esperimenti e processi, principalmente nel campo del web marketing, volti a costruire e mantenere la base di clienti di un'azienda. Attraverso strategie creative, innovative e a basso costo è possibile ottenere questa crescita (growth). Il growth hacking è un processo, perché non esiste una formula magica universale da applicare, ma studiando il prodotto si arriva alla soluzione unica e adatta al caso. Proprio per questo motivo viene considerato come una estensione del marketing, una rivoluzione con caratteristiche precise che guidano l’ideazione del processo. Nell’immagine sottostante possiamo analizzare le differenze sostanziali tra marketing tradizionale e growth hacking marketing. Nel primo caso si tende a lavorare principalmente sugli step di acquisizione e consapevolezza. Invece nel growth hacking marketing si arriva fino alla fine del funnel (modello di canalizzazione dell’acquisto). In questo processo naturalmente si sperimenta parecchio per capire cosa funziona, e cosa no. Gli esperimenti vanno realizzati, analizzati in fase di applicazione e infine i risultati ottenuti vanno confrontati, metrica dopo metrica. Ricordiamoci sempre che ogni esperimento deve rispettare gli SMART goals (specific, measurable, attainable, realistic, time oriented). Una volta trovate le giuste combinazioni di esperimenti, il growth hacker le ottimizza e crea il suo processo evolutivo del prodotto. Ogni impresa può rivolgersi a un Growth Hacker per migliorare le proprie vendite, attraverso la creazione di un team che si dedichi al processo, in quanto il growth hacking è un lavoro collettivo. Si consiglia di avere all’interno del team: un programmatore in grado di lavorare alle specifiche del prodotto, un marketer con competenze sui canali di marketing ed advertising, un designer che indirizzi la fruizione del prodotto da parte del target e un supervisore del processo, ovvero un Growth Master. Una attività così centrale è preferibile portarla avanti internamente, piuttosto che lasciando carta bianca a un’agenzia esterna che non conosce bene il prodotto quanto come chi lo ha ideato. Naturalmente anche a questo obiettivo va assegnato un budget dedicato. Cosa rispecchia il profilo di un growth hacker? Sicuramente parliamo di uno specialista con nozioni di marketing online e di programmazione accompagnato da una buona dose di creatività che gli permette di visualizzare nuove strategie innovative e di successo. Pensando in ottica lavorativa ogni impresa, a prescindere dalla fase del ciclo di vita in cui si trova, ha bisogno di dedicarsi al growth hacking perché non esiste azienda che non ha bisogno di innovazione. E gli esperti che dirigono questa orchestra sono sempre più richiesti e ben pagati. Di seguito una parte dell’intervista fatta da ACOM a Raffaele Gaito, uno dei massimi esperti di Growth Hacking in Italia. La versione integrale è disponibile su richiesta nel report del mese di novembre, lasciate un commento per riceverla. “Cosa fa nel quotidiano un Growth Coach? Quali sono le skills imprescindibili per questo lavoro? Il mio lavoro è di insegnare ad aziende e professionisti come sperimentare con metodo. Mai come in questo periodo storico la sperimentazione ha un ruolo fondamentale. È l'unico modo che le imprese hanno per innovare e per adattarsi ai tempi che cambiano. È un lavoro dove sono richieste skill molto diverse tra di loro ed è perfetto per i profili multidisciplinari. Si va dall'analisi dei dati alla pubblicità, passando per il project management e la psicologia. Ma la skill più importante di tutte è la curiosità: se non si è curiosi è impossibile fare un lavoro del genere. ACOM si occupa prevalentemente del settore turistico: qualche esempio di successo in questo ambito nell’applicazione del Growth Hacking? Senza la necessità di andare oltreoceano, abbiamo in Italia una realtà che si muove nel settore turistico che applica con grande successo questo tipo di approccio ed è WeRoad, l'azienda che organizza viaggi di gruppo on the road in più di 90 destinazioni nel mondo. Il team di WeRoad si è distinto diverse volte negli ultimi tempi (anche in piena crisi COVID) per iniziative fuori dagli schemi che gli permettono di affrontare momenti difficili e uscirne indenni.” Per concludere, tre strategie marketing da growth hacker da seguire che permettono agli imprenditori di costruire il proprio marchio:
www.raffaelegaito.com https://blog.hubspot.com/sales/growth-hacking-websites https://www.forbes.com/sites/danschawbel/2013/09/16/ryan-holiday-why-all-marketers-should-be-growth-hackers/?sh=7f5f6dab26e8 Cos'è il Growth Hacking | Definizione Growth Marketing (growthhackingitalia.com) #growthhacking #customerbase #growthacker #marketingofproduct #growthhackmarketing #find a growth hacker for your startup #growthhacks #growthhackeritaliano Disruptive change - Tourism edition11/24/2020 0 Comments Non tradurremo disruptive di proposito, perché non rende bene in italiano quanto in inglese. Possiamo dire che si riferisce a qualcosa di “sensazionale e dirompente”. Il segreto dei brand che hanno successo oggi, sta nel fatto che non producono semplicemente cose nuove da proporre al mercato, queste compagnie investono nella ricerca dei veri bisogni, qualcosa che renda la vita dei clienti più semplice, più innovativa e più incredibile. Più andiamo avanti più il mercato è libero e sempre più compagnie nascono (o muoiono). La competizione non è mai stata così alta ed è sempre più difficile catturare e mantenere l’attenzione del proprio target. Le compagnie di oggi, per avere successo, devono per forza inventarsi qualcosa di estremamente innovativo per riuscire a esaltare sé stessi in un mercato affollatissimo. La differenziazione non è più una tattica per essere migliori dei nostri competitors, bensì una sfida: non è facile trovare la propria unicità. Le compagnie che hanno abbracciato strategie più sensazionali, e quindi disruptive, sono coloro che invece di aspettare il trend o le persone giuste, hanno in primis creato una comunità di followers che indirizza il resto del mondo verso la stessa via della compagnia stessa. Non serve alzare la voce, in un mercato affollato bisogna essere più creativi e passatemi in termine “strani” possibile. Le compagnie disruptive hanno cambiato il nostro stile di vita in un modo o nell’altro. Ecco qualche esempio di azienda che ha superato sé stessa in fatto di marketing e non solo:
Le aziende disruptive hanno il dono di captare i trend più in voga del momento e di un futuro prossimo usandoli a loro favore. Perciò ecco alcuni trends che con altissime probabilità guideranno il futuro dei viaggi: Personalizzazione delle esperienze: Sulle piattaforme social il nostro feed è personalizzato seguendo i gusti che un algoritmo ha estrapolato dalle nostre decisioni e azioni eseguite online. Amazon fa la stessa cosa con i suggerimenti che si basano sui trend dei nostri acquisti precedenti, d’ora in poi i viaggiatori si aspettano sempre più viaggi personalizzati appositamente per loro. Donne in viaggio: In America una ricerca ha mostrato come in media il viaggiatore avventuriero non sia un uomo, bensì una donna, di solito 47 anni. Il 75% dei viaggiatori alla ricerca di avventura, natura e viaggi simili sono donne tra i 20 e i 70 anni. Secondo l’Harvard Business Review le donne hanno un valore di $15 miliardi in potere di acquisto. Moltissime sono alla ricerca di solo travels. Il concetto di Growth Hacking nasce nel 2010 grazie a Sean Ellis che lo ha applicato, con successo, ad alcune start-up. Il Growth Hacking è un modello innovativo di gestione e sviluppo di un business, al fine di creare un vantaggio competitivo indispensabile per farsi strada fra i concorrenti. Esso rappresenta un nuovo mindset costituito da un processo di sperimentazione continua, grazie al quale si ottiene una crescita rapida delle performance del business. Si lavora così focalizzandosi sull’uso strategico del marketing digitale, sullo sviluppo del prodotto, sul business, sul team e sull’analisi dei dati. Il primo ad occuparsi a 360 gradi del Growth Hacking in Italia è stato Raffaele Gaito: consulente e Growth Coach, autore di numerose pubblicazioni di riferimento e organizzatore della più grande conferenza d’Europa sul tema. Pronti a leggere l’intervista che Raffaele Gaito ha rilasciato ad ACOM?
|
AuthorACOM Archives
April 2022
Categories
All Brand Reputation Covid Feedback Negativi Fidelizzazione Cliente Growth Hacking Marketing Performance Aziendali Start Up Trend E Novità Turismo Italiano |