I titolari delle attività commerciali sono ormai all’esasperazione a causa delle restrizioni adottate dal governo per contrastare il Covid e che impongono loro di chiudere le porte dei locali e per i ristoratori che possono permetterselo, di offrire solamente servizio di asporto. Molti ristoratori hanno deciso di tentare di tutelarsi aderendo a neonate associazioni di categoria, come M.I.O. Italia, Movimento Io Apro, La Rete delle Partite Iva, Apit Italia, Pin, Associazione Fieristi Italiana e Lo Sport è Salute. Il loro intento, a prescindere dal colore della regione, è quello di rimanere aperti sia a pranzo che a cena. La protesta ha preso piede con una manifestazione a piazza Montecitorio il 6 aprile 2021, generando non poche opinioni contrastanti, visti i molti insulti rivolti al ministro Speranza e al presidente Draghi e i momenti di tensione con la polizia. Tra i manifestanti anche molte persone senza mascherina ed esponenti di Casa Pound, estrema destra e negazionisti del Covid, dai quali gli esercenti vogliono distaccarsi per dissociarsi da ogni forma di violenza. Quello che domandano i ristoratori è di incentivare le risorse per le strutture ospedaliere e sanitarie, protocolli e cure a domicilio, e focalizzarsi sul contenimento dei contagi che hanno luogo sui mezzi pubblici senza però impattare l’esercizio dell’attività della ristorazione. Desiderano che venga rimosso il coprifuoco nazionale, che venga eliminata la suddivisione per colori delle regioni, e la riapertura senza limitazioni di tutte le attività commerciali. In circa una quindicina a Bologna hanno tentato di aprire a pranzo il 7 aprile, con l’intenzione di affidare la contestazione di eventuali multe ai rispettivi legali. Le ragioni della protesta I fondi del decreto ristori vengono considerati una “miseria” da chi ormai ha chiuso le porte del proprio locale da mesi, ma soprattutto si ritiene che l’inizio dell’erogazione degli stessi finanziamenti avvenga in ritardo. Viene colpevolizzato il ministro Speranza per la gestione dei vaccini, poiché gli esercenti devono attendere una riapertura in funzione dei vaccini quando questi non arrivano o vengono fatti con priorità discutibili, ostacolando la ripresa. I ristoratori preferiscono chiudere quando l’asporto combinato alla consegna a domicilio non sono sufficienti almeno a bilanciare entrate ed uscite. E chi ha bisogno di quei soldi per andare avanti e sostenere la propria famiglia potrebbe incorrere nella necessità di rivolgersi a usurai. COSA CHIEDONO GLI ESERCENTI Paolo Bianchini, leader del movimento M.I.O. Italia, si rivolge al governo Draghi e al MEF richiedendo il blocco degli sfratti, aiuti concreti sia ai ristoratori che ai proprietari delle mura, che non stanno ricevendo gli affitti perché non si dispone della liquidità per il pagamento. Viene richiesta anche una revisione sulla gestione dei costi fissi, il blocco delle licenze e la sospensione della Bersani-Visco per tre anni. Questo per evitare che all’improvviso arrivi una multinazionale, un ristorante cinese, o peggio la malavita organizzata che dispone delle liquidità necessarie. Avendo perso circa il 60% del fatturato, i ristoratori hanno necessità per i prossimi 3 anni di recuperare stabilità. Bloccare le licenze significa dare la possibilità, a chi sopravvivrà a questo periodo tremendo, di poter ridare valore alla propria azienda. COSA RISCHIANO I RISTORATORI E I CLIENTI I ristoranti vogliono sottolineare che la riapertura viene effettuata seguendo tutti i protocolli di sicurezza e anti-contagio. In Piemonte, ad esempio, solamente clienti abituali e dipendenti di aziende hanno rischiato la contravvenzione per poter usufruire del servizio di ristorazione in zona rossa. Va sottolineato che i titolari delle attività non rischiano la chiusura indeterminata del locale in quanto la sanzione accessoria più grave è la sospensione dell’esercizio per 30 giorni. Chi decide di consumare all’interno del locale rischia una sanzione amministrativa che va da 400 a 3.000 euro. Questa è aumentata fino ad un terzo se commessa mediante l'utilizzo di un veicolo. Vi è la possibilità di pagare in misura ridotta entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione della sanzione pecuniaria nell’ammontare minimo di 400 euro oppure, se il pagamento avviene entro 5 giorni, con la riduzione del 30% del minimo, quindi con 280 euro. Le pressioni da parte della polizia locale non mancano, per questo motivo chi ha cercato di aprire in segno di protesta si è ritrovato costretto a pregare i pochi clienti “coraggiosi” di consumare da asporto. Il movimento IoApro è nuovamente tornato in piazza Montecitorio lunedì 12 aprile, nel tentativo di ricevere risposte alle loro domande, questa volta però senza autorizzazione del sit-in da parte della questura in quanto la piazza era già stata concessa ad un’altra manifestazione nella stessa fascia oraria. Nonostante ciò, è stato inoltrato e diffuso l’invito di partecipazione attraverso i social network, affermando che la manifestazione fosse stata invece autorizzata. Molti pullman diretti alla manifestazione sono stati fermati a Roma Nord. In maniera più velata i ristoratori di “Roma più bella” si sono uniti a “Italian Hospitality Network” la mattina sventolando bandiere bianche, in alternativa alla manifestazione pomeridiana. Intanto in Campania si intravedono i primi spiragli di ripresa in vista della zona arancione, in quanto vengono promesse riaperture delle attività commerciali e dei ristoranti, anche a cena, se sarà possibile contenere gli assembramenti grazie a uno sforzo maggiore delle forze dell’ordine.
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April 2022
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