Artificial Intelligence: sogno o una reale opportunità per il settore dell’ospitalità?2/24/2021 0 Comments L’Intelligenza Artificiale può essere definita come l’estensione delle abilità umane verso le macchine e il suo ritorno in positivo all’uomo. È, per cui, l’attitudine di una macchina di mostrare capacità umane come il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Questa sua predisposizione permette ai sistemi (informatici – tecnologici) di capire l’ambiente in cui operano, creare relazioni e mettersi in relazione con l’esterno, risolvere i problemi e agire verso un obiettivo specifico. La peculiarità dell’Intelligenza Artificiale è che essa è capace di adattarsi attraverso l’analisi degli effetti causati dalle azioni precedenti. Inoltre, i sistemi IA lavorano in completa autonomia con una netta riduzione di tempo, costi con un incremento delle performance. I sistemi IA sono entrati, quasi, permanentemente nella nostra vita quotidiana come ausilio per risolvere problemi di diversa natura: basti pensare alle chatbot o agli assistenti vocali. La realtà sembra divisa in due gruppi opposti: chi li teme e li identifica come mezzi a sostituzione del lavoro umano e chi, invece, li reputa un supporto del lavoro umano riducendo stress e migliorando le condizioni lavorative. L’IA è necessaria per potenziare il settore alberghiero o per “svecchiare” alcune consuetudini gestionali? Potrà l’impiego dei sistemi IA segnare una svolta nonché un aiuto a un settore fortemente colpito dalle conseguenze del COVID-19 dove l’interazione umana era imprescindibile? L’intelligenza artificiale permette di instaurare un rapporto umano con gli ospiti, perché consente di dare maggior supporto e presenza alla clientela stessa. L’utilizzo delle chat, che permettono di rispondere in ogni orario, alleggerisce il lavoro del front desk, così da poter lasciare più tempo per dialogare e ascoltare le necessità degli ospiti. L’uso della messaggistica istantanea e delle chatbot presenti sul sito web aiutano a costruire un rapporto con i navigatori così da trasformali da potenziali a certi “attuali” clienti, perché in 15 secondi riescono a avere risposte ai propri dubbi in maniera istantanea e esaustiva H24 e 7 giorni su 7: la tecnologia presente oggi, perfezionatasi nel tempo, risulta essere più efficiente, per la messaggistica diretta, dei dipendenti perché risponde più velocemente alle domande frequentemente poste. Non va dimenticato l’aspetto economico di ritorno per gli hotel: investire in sistemi tecnologici avanzati consente agli albergatori di ridurre i costi di manodopera, come a esempio i costi della gestione del personale e la contrattualistica. Attualmente il settore alberghiero già utilizza sistemi di Intelligenza Artificiale; come il Revenue Management e i diversi indicatori che aiutano a comprendere l’andamento dell’hotel oppure il Dynamic Pricing Automation; entrambi permettono agli operatori di settore di elaborare un’offerta personalizzata quanto di poter studiare e comprendere il cliente, così da offrire servizi sempre più personalizzati e meno standardizzati. I sistemi già in essere e utilizzati, sono stati riassunti nell’immagine grafico/sottostante: Si tratta, dunque, non solo di estendere questi sistemi anche in altri settori presenti all’interno dell’hotel, ma anche di ridisegnare in, una chiave di lettura più dinamica, la gestione e l’operatività della struttura stessa. L’impiego dell’Intelligenza Artificiale non deve per forza coincidere con un taglio dei posti di lavoro, ma può essere letta come un’evoluzione del lavoro stesso: molto del personale impiegato nel front desk, potrebbe essere impiegato alla cura del cliente o alla gestione e controllo dei supporti tecnologici. Allo stesso modo anche gli spazi comuni degli hotel potrebbero essere impiegati per socializzare, conoscere, diffondere notizie relative al luogo o creare momenti di diffusione di informazioni e novità. Esistono già catene di hotel che hanno messo in atto un cambio gestionale della struttura e tra questi, gli esempi più noti sono:
La vera novità dell’intelligenza artificiale nel turismo è rappresentata dal fatto che le operazioni automatizzabili non sono solo quelle fatte ripetitivamente, ma possono essere anche attività dove è necessario entrare in empatia con il cliente, capire ciò di cui ha bisogno e prendere delle decisioni, risolvere controversie, fare preventivi o proporre soluzioni e offerte. Per il turismo non si prospetta un futuro fatto solo da chatbot e robot, ma un futuro in cui l’essere umano dedicherà più tempo alla cura e comprensione del cliente, inteso come persona attiva del processo, e meno alle operazioni ripetitive. I robot, come ora e anche nel futuro, saranno il mezzo per poter lavorare meglio, produrre di più in meno tempo e con una qualità del lavoro migliore.
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La settimana scorsa abbiamo parlato in questo articolo delle skills imprescindibili sul lavoro, ma adesso contestualizziamo invece nel futuro del post pandemia: Nei prossimi anni, secondo il World Economic Forum sono previste più di 130 milioni di nuove opportunità lavorative nel mondo ed ecco perché diventano sempre più richieste nuove skills sul posto di lavoro. C’è chi si sta attualmente formando in tal senso e chi invece quando ci sarà bisogno dovrà attuare un’azione di reskilling. Sicuramente, data la situazione in corso tutte le imprese sono destinate a cambiare così come hanno dovuto già adattarsi, esplorando tutte le potenzialità del mondo della tecnologia, dello smart working e dei servizi digitali in continua crescita e diffusione. Molta strada c’è ancora da fare nel campo della trasformazione digitale e della formazione in sé per sé in quanto l’aspetto tecnologico è diventato fondamentale. Tra le soft skills individuiamo competenze quali il saper comunicare in modo efficace, saper lavorare in gruppo e gestire situazioni stressanti, il famoso problem solving; non basta solo questo perché serve dimostrarsi in grado di adattarsi, di essere flessibili ma soprattutto creativi. Nel settore marketing resta ancora cruciale costruirsi una rete di contatti e non potendolo fare alla “vecchia maniera” si ricorre sempre più ad eventi online, webinair e l’organizzazione di attività in rete che prevedano il coinvolgimento dei propri utenti permettendo così di rimanere in contatto con le persone; i canali online, i social sono diventati il mezzo principale di comunicazione e contatto. C’è la necessità, in futuro più che mai, di garantire al cliente un’esperienza di acquisto su misura soprattutto quando si confluirà sempre di più sui servizi digitali e si dovrà ragionare principalmente in un’ottica di customer experience. Inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico ha varato una misura che permetta alle PMI di ricevere un aiuto per attuare la cruciale trasformazione digitale di cui abbiamo parlato; si tratta del Voucher per consulenza in innovazione, tramite il quale l’azienda potrà scegliere un Innovation Manager con cui lavorare insieme per almeno 9 mesi. Inizialmente quando si sentiva parlare di competenze digitali ci si riferiva generalmente a qualcuno che sapesse ben destreggiarsi con la tecnologia mentre adesso questo non basta più: si è andati oltre, si devono saper ben gestire tutte le varie piattaforme, conoscere ed utilizzare al meglio tutte le loro varie potenzialità, la creazione di contenuti di valore e la capacità di gestione dei dati sono essenziali. Fra gli ambiti che necessiteranno maggiormente di investimenti abbiamo quello dei Data analytics e dell’e-commerce. Per quanto riguarda il primo, esso è in costante crescita da quando, insieme all’ingente mole di dati accumulati si è riscontrato anche il bisogno di qualcuno che sapesse effettivamente decifrarli questi dati, analizzarli e sfruttarli a vantaggio dell’azienda per spiccare sopra agli altri competitors. Anche il settore ricettivo è stato messo a dura prova in questo ultimo anno difficile e così gli hotel, non appena possibile sono ripartiti adattandosi alla situazione e cercando soluzioni innovative per garantire sicurezza ai propri clienti facendoli sentire sempre i benvenuti, anche senza il contatto umano diretto. Ecco allora che ci si è mossi verso servizi come i check-in online, dando la possibilità di inviare documenti e altro materiale necessario direttamente online; abbiamo anche check-in automatici con totem a disposizione dei clienti che potranno accedere nella struttura con totale autonomia. Per il self check-in esistono molte soluzioni innovative come applicazioni con le quali aprire direttamente la porta della propria camera, garantire il pagamento online dei vari servizi e anche degli extra, come le tasse di soggiorno o ancora, rimanendo nell’ambito delle applicazioni mobile, ce ne sono varie che vengono direttamente fornite dalla struttura o scaricate subito prima dal clienti in autonomia e con le quali potranno accedere a tutti i servizi dell’hotel, avere tutte le informazioni di cui necessitano e altro ancora. Nel campo del revenue management o gestione dei ricavi (che insegna, al fine di aumentare i ricavi e il tasso di occupazione nel nostro caso degli hotel durante l’anno, come regolare il prezzo e le strategie distributive in base alla domanda), anche qui la situazione non è delle migliori e c’è bisogno di un cambiamento per riprendersi e ripartire. Si deve continuare a raccogliere dati e tener traccia di tutti i movimenti, delle prenotazioni e di quelle cancellate, tenere d’occhio i settori che possono influenzare la domanda di viaggio. Dopo il Covid, quando la situazione si sarà sbloccata si dovrà ripensare completamente l’offerta e sarà probabilmente necessaria una nuova segmentazione in quanto cambieranno sicuramente le tendenze dei turisti. Le aziende si stanno progressivamente dirigendo verso un’informatizzazione che diventerà essenziale fra qualche anno ed ecco perché chi già possiede queste skills, o si sta muovendo fin da subito in quella direzione si ritroverà avvantaggiato rispetto a chi ancora fatica ad adattarsi ad un mercato in continua evoluzione. A tal proposito, noi di ACOM per il 10 marzo stiamo preparando un webinair gratuito focalizzato proprio sulla trasformazione digitale e sulle skills richieste per competere nel mondo del turismo. Registrati gratuitamente qui: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-quali-competenze-per-i-giovani-professionisti-del-turismo-post-covid-19-138917320445 Fonti:
www.randstad.it www.iodonna.it www.corrierecomunicazioni.it www.turismok.com www.italiaonline.iy www.labelium.com Molti di voi ricorderanno come a dicembre, appena uscita la notizia del cashback di stato (il piano introdotto dal governo per incentivare e premiare chi usa carte e app per pagare nei negozi fisici tramite un rimborso del 10%) la corsa al download dell’ultima applicazione ha dato il via ad una serie di pagamenti ad applicazioni sbagliate. Infatti, molti italiani nella fretta della novità hanno scaricato (a pagamento) app che non c’entravano nulla con quella originale e gratuita creata da PAGOPA, ovvero lo stato italiano. Tantissimi utenti spinti dalla cosiddetta FOMO hanno pagato applicazioni che non servivano altro che a calcolare il 10% su cifre a caso come farebbe una semplice calcolatrice. Questo fenomeno si chiama FOMO, Fear of Missing Out, che in italiano si può più o meno tradurre come la paura di essere tagliato fuori, una specie di ansia sociale che arriva quando si ha paura di perdersi qualsiasi cosa, da un evento ad un’esperienza. Il motivo per cui la gente fa ore di fila per un biglietto per la promo di un film? FOMO. Perché gli acquisti sono sempre più standardizzati? FOMO. Questo fenomeno è diventato più evidente con l’utilizzo sempre più maggiore degli smartphone e ovviamente dei social network. Non è sicuramente una novità o una nuova tendenza creata da questi ultimi, ma tramite le vetrine social che ci spingono a confrontarci senza pause con le vite degli altri improvvisamente la nostra vita non è soddisfacente e abbiamo paura di star perdendo qualcosa. Secondo un sondaggio della University of Essex, la FOMO si verifica soprattutto in individui che si reputano meno autonomi o competenti e quindi sentono il bisogno di sentirsi sempre collegati ad altre persone nella vita quotidiana, spendendo moltissimo tempo online e conseguentemente lasciandosi influenzare. Cosa c’entra tutto ciò con il marketing? La FOMO non è nuova ed esiste da quando la pubblicità è nata. Ma nel marketing online questo fenomeno viene soprattutto usato per incrementare le vendite dei prodotti, spingendo la gente nella paura di perdersi l’occasione della vita attraverso trick psicologici come il countdown delle offerte sia di prezzo che di disponibilità di prodotti. La scarsità, infatti, viene vista come un valore perché significa che poche persone potranno usufruire di quel bene ed è considerato ciò che più fomenta la FOMO. I marketers lo sanno bene e giocano Altro esempio: Elon Musk fonda un nuovo social network no profit e non quota in borsa, ancora. Sempre Musk fa un tweet che invita gli utenti a scaricare e usare la sua nuova “Signal”. Grazie ad un solo post dell’imprenditore più famoso del mondo per far schizzare il titolo di Signal al 438% portando le quotazioni da 60 centesimi a 70$ l’una. Peccato che la FOMO ha portato gli investitori a comprare le azioni dell’azienda sbagliata: Signal Advance Healthcare non è sicuramente la compagnia social appena fondata da Musk, ma grazie a lui ora vale 3 miliardi di dollari. Lo stesso black Friday fa leva sulla FOMO, trasmettendo l’urgenza di approfittare degli sconti di quel particolare giorno con la paura che prezzi così non ci saranno più (pur non essendo vero), l’ansia porta il compratore all’acquisto compulsivo di cose di cui in realtà non necessita. Per non parlare dei materassi che vantano gli ultimi giorni di super sconto da… 10 anni ormai? Il social media marketing fa molta leva su questo, ed è volontariamente o meno, la psicologia su cui tutte le piattaforme si basano. Attraverso youtube, instagram o facebook gli influencer offrono contenuti e valore ai brand in modo (apparentemente) genuino e coinvolgente facendo sorgere soprattutto tra i più giovani un senso di addiction. Un youtuber o un influencer particolarmente famoso su instragram hanno una community affiatata che non aspetta altro che novità da parte di questi ultimi. E i social network alimentano la FOMO apposta con notifiche o e-mail e tutto ciò ovviamente per i brand è una combinazione vincente. Uno studio effettuato sui millennials canadesi mostra come il 68% di essi ha effettuato un acquisto entro le 24 ore a causa della FOMO data da un altro contatto. La FOMO perciò può essere usata a proprio vantaggio, senza dimenticarci però che noi siamo i primi a cadere in tentazione. Fonti:
https://www.ionos.it/digitalguide/online-marketing/social-media/fomo-fear-of-missing-out/ https://www.ninjamarketing.it/2016/08/05/la-fomo-social-media-marketing/ https://www.html.it/11/10/2019/social-network-la-fomo-guida-gli-acquisti/ https://www.quindo.it/fomo/ https://blog.tagliaerbe.com/fomo-fear-of-missing-out Dopo aver parlato di start up tutte italiane nel precedente articolo, è arrivato il momento di concentrarci invece su alcuni esempi di donne imprenditrici in Italia e nel mondo. L’imprenditoria femminile è sicuramente ancora tutta da potenziare e incentivare, si trova in una condizione di minoranza nel mondo e ancora meno in Italia (soprattutto nell’imprenditoria in cui si registrano soltanto circa 1 donna su 5) CANVA: Partiamo subito con una start up molto famosa fondata da Melanie Perkins e che vale più di un miliardo di dollari. Nel 2007, la Perkins si trova in Australia ad insegnare ai suoi studenti come utilizzare programmi come Photoshop ma trovandoli molto difficili da usare per loro, le venne in mente un’idea: uno strumento online per creare, inizialmente, annuari scolastici che piano piano si è espanso al di fuori dell’Australia insieme al contributo del co-fondatore Cliff Obrech. Oggi tutti hanno la possibilità di realizzare prodotti di grafica non troppo complicati. MADAME MIRANDA: Piattaforma di servizi hair&beauty on demand fondata da Diamante Rossetti e Gioia Fiorani. La start up provvede all’esigenza di potersi prendere cura di sé stessi con trattamenti al corpo, viso, per i capelli e quant’altro con il vantaggio di essere sempre disponibili su richiesta ogni giorno ad ogni orario possibile fino alle 22 (andando così a sorpassare il problema che accomuna molti: non avere tempo negli orari prestabiliti dei vari saloni perché impegnati con il lavoro o altro). RISPARMIO SUPER: è Barbara Labate, siciliana, la co-fondatrice e CEO di Risparmiosuper.it, un sito e anche app che permette di confrontare i prezzi dei prodotti prima di andare a fare la spesa per riuscire a capire dove si possono trovare offerte migliori. Anche le aziende ne traggono profitto perché grazie all’app è possibile confrontare i propri prezzi con quelli dei concorrenti. Il tutto è nato da un’idea che le venne in mente proprio quando, da studentessa fuorisede, come molti lo sono stati, aveva il problema di risparmiare sulla spesa al supermercato, grazie alla validità del suo progetto vinse anche dei finanziamenti che la aiutarono a mandare avanti la sua idea. ORANGE FIBER: Impresa nata dall’idea di Adriana Santanocito, studentessa di Fashion e Design che iniziò ad interrogarsi su una possibile soluzione agli scarti industriali agrumicoli in una società che sempre più doveva volgere a cambiamenti sostenibili. Riuscì così con le sue idee e i suoi progetti a creare un filato innovativo partendo proprio dagli agrumi, depositando così in seguito un brevetto. Il tutto si concretizzò per bene nel 2015. Come è ben chiaro, questo progetto oltre ad essere innovativo è anche utile in maniera concreta e sostenibile all’ambiente grazie alla realizzazione di questi capi di vestiario in pratica biodegradabili, aiutando a smaltire anche le emissioni di Co2. YAMGU – You are my guide: Nata grazie a Ester Liquori da sempre un’amante dei viaggi; si tratta di una start up tutta italiana del turismo e più in particolare del social travelling. Essa è basata sull’intelligenza artificiale, nata nel 2014 ha lo scopo di dare all’utente la possibilità di programmare il proprio itinerario step per step e rimanendo, allo stesso tempo, aggiornato in tempo reale sulle condizioni meteo, gli eventi e le novità in corso nella destinazione prescelta sfruttando i dati presenti online riguardanti la città. DRESS YOU CAN: Start up nata dall’idea di Caterina Maestro Cottini nel 2014 sottoforma di esperimento di dress sharing che consiste principalmente nel noleggio di abiti, accessori e scarpe, all’insegna anche di un’economia sostenibile. Così ognuno almeno per una sera potrà concedersi ad un costo contenuto un abito, un accessorio particolare normalmente non accessibile a tutti e al tempo stesso monetizzare grazie al proprio guardaroba in affitto. BRANDON: Impresa fondata da Paola Marzario, è un distributore per i siti online e il suo primo fornitore è stato proprio la Moleskine nel 2012. La loro piattaforma ha come obiettivo quello di incentivare le vendite in base anche a dove c’è maggior traffico così l’utente finisce per trovarsi un intero catalogo dettagliato delle merci in varie lingue e un’altra serie di servizi annessi e ben curati. Brandon è ad oggi un distributore online che si specializza nel settore fashion e home&living. Questi sono solo alcuni degli innumerevoli esempi di imprese tutte al femminile che hanno anche riscosso un considerevole successo. Purtroppo, i numeri in Italia e nel mondo di imprenditrici non sono ancora quelli sperati e auspicati, ma sappiamo che i progetti e le capacità invece sono innumerevoli Fonti:
www.startup.info.it www.ilpost.it www.startupbusiness.it www.vivipositivo.com In un mondo, quello di oggi, pieno di iniziative, progetti e molto altro risulta utile far emergere anche le idee di tanti giovani che si sono cimentati in un progetto portandolo a termine con successo. L’Italia ha ancora bisogno di far crescere di più il numero dei suoi startupper ma vi si sta lavorando in qualche modo tramite fondi e finanziamenti anche a tasso zero per quei giovani che vogliono avviare una loro impresa (ma anche per chi una sua l’ha già avviata!) Ad esempio, si vuole aumentare il numero dei beneficiari di questo anche alle imprese che sono in campo da non più di 5 anni; aumentare la durata del mutuo dagli 8 ai 10 anni; nei punti aggiornati a marzo 2020 c’è anche la riduzione della quota di capitale proprio dal 25% a soltanto il 10%. Perché non diamo un’occhiata a qualche giovane imprenditore? Vediamo di quanti di questi avete già sentito parlare: (Altrimenti è l’occasione buona per conoscerli!) Valerio Masotti: è un giovane noto per aver già vinto diversi concorsi che consistevano nella realizzazione di video e spot promozionali, anni prima. Poi, nel 2008, diventa il co-fondatore di Slevin (insieme ad Andrea Masotti), una Creative Company nata a Roma nel 2011, di cui oggi è tutt’ora il presidente. Essa si occupa di Web, Graphic, Video, motion graphic, social media e tanto altro, fra cui numerosi progetti in ambito food&beverage. Francesca Bosco: Donna laureata in giurisprudenza, è stata da sempre appassionata di diritto internazionale. Al giorno d’oggi, è una delle autorità principali per quanto riguarda l’internet e la criminalità. Il suo grande impegno e duro lavoro l’hanno portata anche al World Economic Forum di Ginevra dove attualmente si occupa di cyber-resilienza. Il suo team è totalmente femminile, esperte provenienti da tutte le parti del mondo. Domenico Colucci: È un giovane startupper pugliese under 30, fondatore di Nextome (un’app per la navigazione indoor ) che è stato premiato addirittura ad Helsinki durante gli Europioneers nel 2015 come miglior imprenditore web dell’anno. La piattaforma, creata nel 2013 insieme ad un gruppo di under 30, riscosse molto successo e fu pensata per l’appunto per permettere alle persone di orientarsi meglio all’interno di spazi chiusi nei quali, si sa, il GPS non funziona per niente. Con essa invece è possibile visualizzare la propria posizione su una specie di mappa digitale che ti dà indicazioni precise su tutto ciò che c’è nelle tue vicinanze (ovviamente al chiuso!) Giulia Detomati: Fondatrice dell’associazione no-profit 20Sostenibili che si prefigge come scopo la realizzazione in campo ambientale di progetti con una attenzione speciale all’innovazione sociale e comunicativa. La Start-up insieme a enti pubblici, realizza anche studi di fattibilità per ideare qualcosa che vada a tutelare le aree libere o a rischio di edificazione. Augusto Marietti: è il co-creatore di Mashape insieme a Marco Palladino: un marketplace dove gli sviluppatori vendono “pezzi” di software, anche un mix di tool. Ad oggi, la piattaforma conta oltre 100mila sviluppatori con molti dipendenti giovanissimi; ma non si ferma qua: dopo aver guadagnato i propri soldi decide di investire anche in altri progetti. Daniela Galvani: È l’autrice di un’idea, insieme ad Andrea Sesta e Roberta Barone: Impossible Living è un progetto online che si propone di mappare i luoghi disabitati in tutta Italia e non solo, ma anche nel resto del mondo cercando di ideare per ognuno di essi una comunità virtuale impegnata a dare le proprie idee per il recupero di questi edifici. Daniele Scivoli: è l’ideatore di I food Share, una piattaforma che ha come scopo quello di evitare gli sprechi alimentari e aiutare chi è in difficoltà dando la possibilità a utenti privati di donare e anche ricevere del cibo che altrimenti verrebbe buttato. Ciò che sta alla base è appunto il cercare di evitare l’eccedenza alimentare nelle case e porvi rimedio aiutando chi ha bisogno. Il progetto parte da uno studio della FAO del 2011 in cui veniva trattato il problema degli sprechi alimentari a livello mondiale. Grazie all’utilizzo del web, invece, si ha la possibilità di raggiungere più persone e in maniera veloce e più efficace. Monica Archibugi e Giulia Gazzelloni: Due giovani under 30 romane, co-fondatrici della piattaforma Le Cicogne la nota piattaforma per trovare babysitter. L’impresa è nata nel 2013 grazie all’idea di Monica stessa che faceva, come tanti, la babysitter come lavoro extra, proponendo in seguito il tutto alla sua socia. La piattaforma è user friendly, divisa in due parti: una è dedicata ai genitori e a tutte le loro richieste per trovare una babysitter secondo le loro esigenze e dall’altra le tate stesse che hanno la possibilità di scrivere le loro disponibilità e capacità. Questo è anche un modo per regolamentare un lavoro molto poco tutelato. Oggi la start up conta oltre 83 città italiane! Fonti:
www.wired.it www.italiacontributi.it www.economyup.it Nuova era nuovi manager12/29/2020 0 Comments
Continuiamo a pensare che il problema più grande che affligge i business sia il sistema organizzativo. E se invece il problema fosse il sistema di management che non riesce a mantenere il passo con quello che serve davvero alle aziende al giorno d’oggi?
Il management è sempre stato suddiviso seguendo le teorie di Henri Fayol: programmazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo. Queste sono però oggi gli ingranaggi che bloccano l’intera macchina organizzativa di un business. Infatti, queste suddivisioni risalgono all’inizi del ‘900 caratterizzato da un panorama industriale stabile, crescente, estremamente tecnico (vi dice niente la catena di montaggio?) Il panorama commerciale di oggi si basa sulla tecnologia, tra i settori più volatili (non per niente Warren Buffet si è sempre rifiutato di investire in imprese tecnologiche sapendo che neanche lui, il dio della finanza, avrebbe potuto prevedere il loro andamento futuro). E per questo motivo i manager di oggi devono dimenticarsi di Fayol e cambiare drasticamente tecnica:
Da restrittivo a espansivo: Il micromanagement non è più una soluzione efficiente. non si delega, si supervisiona e basta. Ma questo non permette ai collaboratori di crescere. C’è bisogno di incoraggiare tutti i lavoratori a sviluppare il loro modo di pensare e di agire dandogli responsabilità e permettendogli di prendere decisioni.
Da esclusivo a inclusivo: I manager troppo spesso sono convinti di poter prendere da soli tutte le decisioni, ma l’esperienza ci dice invece che i capi migliori e vincenti sono quelli che creano gruppi di focus con i propri collaboratori per raccogliere prospettive diverse riguardo problemi e trovare le soluzioni migliori (ACOM ha dedicato 1 capitolo al sistema organizzativo AGILE e se ti iscrivi puoi ricevere un aggiornamento accademico completo al riguardo).
Il team building è una metodologia educativa che ha visto la sua nascita dal pedagogo Kurt Hahn nel 1941, colui che fondò la prima scuola di formazione esperienziale nel Galles. Dalla ricerca di Elton Mayo degli anni ’20, venne mostrata una correlazione fra le attenzioni rivolte ai membri di una compagnia di telefonia da parte dei loro responsabili e la produttività che ne scaturiva. L’espressione significa, letteralmente, “costruzione della squadra” e sta a significare quell’insieme di attività che servono proprio a far interagire un gruppo di colleghi affinché migliori la loro capacità di lavorare in squadra. Queste possono consistere anche in formazione manageriale o aziendale, ma più in generale queste sono le più disparate e servono essenzialmente a lavorare sul miglioramento della comunicazione interpersonale e aiutare il buon funzionamento della squadra. Spesso le aziende se ne avvalgono nel momento in cui il proprio team si trova sotto condizioni di stress o non riesce a raggiungere adeguatamente un obiettivo fissato. Un team building più tradizionale è quello formativo finalizzato a rendere i partecipanti consapevoli, dopo un’attenta analisi aziendale dei bisogni e punti critici da risolvere, di dover porre in atto un cambiamento nel proprio modo di operare e agire. I miglioramenti ottenibili servono a incrementare:
Un'altra tipologia di building più dinamica è quella ludica con la quale viene organizzata una vera e propria esperienza in grado di rendere coeso e compatto il gruppo di colleghi, instillando in loro un senso di appartenenza. Questo tipo di formazione non è propriamente scolastica come si potrebbe immaginare ma tutt’altro: ha lo scopo di uscire fuori dalla routine aziendale e raggiungere il compimento di questi obiettivi in modo implicito. Fra le attività più comuni abbiamo avventure varie, attività culinarie, giochi di ruolo, corse in go-kart, messe in scena di uno spettacolo magari, rafting (ad esempio alle Cascate delle Marmore c’è tale possibilità), paintball o delle molto divertenti Escape Room che si trattano di un vero e proprio lavoro di squadra. Al termine dell’attività i membri del gruppo saranno in grado di riconoscere le capacità e i limiti di ognuno di loro, creando un maggiore senso di collaborazione e se sarà un successo, i colleghi saranno motivati a raggiungere ancora nuovi traguardi. Ovviamente tutte queste iniziative possono essere tanto outdoor quanto indoor. Una menzione va fatta anche per quanto riguarda la durata di queste iniziative: si parte generalmente da un qualcosa di una mezz’oretta ad un totale di un paio di giorni di attività. Generalmente, quando si tratta di più giorni, sicuramente c’è in ballo un’attività che esuli il contesto aziendale e che si svolga lontano da esso, qualcosa di particolare che non sia parte della quotidianità lavorativa. Infine, l’ultimo step da affrontare è quello del coordinamento dell’attività che non viene affidata al caso ma è presente la figura di un coach professionale in grado di tenere traccia dei progressi della squadra e di aiutarli a stimolare la loro creatività e il lavoro comune. In base all’attività può servire un professionista del settore nel quale si specializza l’evento deciso o semplicemente una persona che coordini e motivi il team. Alla fine di tutto il coach si occupa anche di valutare la riuscita dell’attività. Guardiamo alcuni esempi particolari: Fonti:
TERRITORI E PRODOTTI: le denominazioni di origine come fonte di cultura locale e fiducia nel consumatore12/1/2020 0 Comments Da sempre l’agricoltura e le tecniche in essa utilizzate, sono fonte vitale per i territori della nostra penisola. Ogni territorio italiano ha le sue caratteristiche, le sue peculiarità, le sue specializzazioni e tutto questo si riflette nella magnificenza dei suoi paesaggi, creati sul sapiente “sfruttamento” di esso, per scopi di sussistenza e che regalano, ad oggi, delle vedute caratteristiche volte a identificare e distinguere immediatamente un luogo da un altro; l’agricoltore, in questo contesto, si trasforma in una sorta di ‘custode’ di quel territorio e della sua biodiversità. I prodotti di questi territori non sono solamente il frutto di scambio e di economia locale, sono, invece, una forma di salvaguardia del territorio stesso, della cultura di un luogo e della civiltà che lo abita. L’Italia, grazie a questo forte legame tra il prodotto e il territorio di origine, possiede il più grande numero di prodotti agroalimentari e vinicoli IGP (Indicazione Geografica Protetta) e DOC (Denominazione di Origine Controllata) rispetto a tutti gli altri paesi dell’Unione Europea. Il conferimento di queste denominazioni funge da stimolo per la ricerca sempre maggiore di prodotti a qualità elevata, combinandola con la salvaguardia del territorio dal quale provengono; Prodotti che si sviluppano e assorbono le pratiche applicate dagli agricoltori locali e che vanno, di conseguenza, a rimarcare ancor di più, questo legame indissolubile con il territorio d’origine. A seguito di un sondaggio riguardante una popolazione di circa 100 soggetti diversi sono i dati emersi, fondamentali per comprendere il modo in cui questi prodotti sono percepiti dal consumatore, le caratteristiche che discriminano la scelta del prodotto con denominazione di origine rispetto ad altri. È venuto alla luce un dato particolarmente curioso, riguardante l’interesse del pubblico nella conoscenza della storia e delle peculiarità dei prodotti. La popolazione di questo sondaggio ha un’età compresa principalmente tra i 18 e i 45 anni, e proviene nella maggior parte dei casi da regioni del Nord e Centro Italia. Nella quasi totalità dei casi, i soggetti hanno sentito nominare almeno una volta nella loro vita le denominazioni di origine (DOP – IGP) e, oltre il 90% dei soggetti, acquista regolarmente questo tipo di prodotti, rivolgendosi però principalmente al mercato agroalimentare (57%) piuttosto che quelli di produzione vinicola (35,5%) – il restante 7,5% non acquista prodotti IGP o DOP. Tra i fattori presi in considerazione, ad oggi, per l’acquisto di questo tipo di alimenti spicca in prima posizione la qualità del prodotto (41,9%), a seguire troviamo la voce riguardante la provenienza del prodotto (26,9%) e infine, in terza posizione abbiamo la “salute” (11,8%) che lo stesso trasmette. Il 95% dei soggetti coinvolti ripone molta fiducia nei prodotti con denominazione di origine, sicurezza e fede derivante principalmente dai numerosi controlli che questi devono superare, il monitoraggio delle filiere e la garanzia, per molti, della provenienza del prodotto stesso. Questo ultimo di “sentiment” risulta tanto più elevato quanto più il soggetto è proveniente dal territorio originario del prodotto prescelto. Ultimo dato emerso, molto interessante, risulta essere quello riguardante il piacere e l’interessamento nel conoscere il prodotto, il suo legame con la storia, con la cultura, le pratiche utilizzate e tutto quello che riguarda le caratteristiche intrinseche della merce in questione. È infatti pari al 71% il numero dei partecipanti che gradirebbe avere più conoscenza dei prodotti con denominazione di origine. Questi dati risultano particolarmente utili per lo sviluppo di questo genere di prodotti, in quanto, proprio la garanzia di provenienza degli stessi è fonte primaria della fiducia del consumatore. L’importanza di suddetti prodotti per l’economia locale è sempre maggiore, in quanto capace di far conoscere un territorio e la sua cultura, ma non solo, anche le pratiche utilizzate nella produzione. Prodotti fondamentali non solamente nel mercato interno, ma anche in quello europeo e globale, in grado di far espandere il settore del Food & Beverage italiano e volto alla diffusione della cultura italiana nel mondo.
Risultato che solamente un prodotto a marchio Made in Italy, sempre più forte globalmente, è capace di dare. Disruptive change - Tourism edition11/24/2020 0 Comments Non tradurremo disruptive di proposito, perché non rende bene in italiano quanto in inglese. Possiamo dire che si riferisce a qualcosa di “sensazionale e dirompente”. Il segreto dei brand che hanno successo oggi, sta nel fatto che non producono semplicemente cose nuove da proporre al mercato, queste compagnie investono nella ricerca dei veri bisogni, qualcosa che renda la vita dei clienti più semplice, più innovativa e più incredibile. Più andiamo avanti più il mercato è libero e sempre più compagnie nascono (o muoiono). La competizione non è mai stata così alta ed è sempre più difficile catturare e mantenere l’attenzione del proprio target. Le compagnie di oggi, per avere successo, devono per forza inventarsi qualcosa di estremamente innovativo per riuscire a esaltare sé stessi in un mercato affollatissimo. La differenziazione non è più una tattica per essere migliori dei nostri competitors, bensì una sfida: non è facile trovare la propria unicità. Le compagnie che hanno abbracciato strategie più sensazionali, e quindi disruptive, sono coloro che invece di aspettare il trend o le persone giuste, hanno in primis creato una comunità di followers che indirizza il resto del mondo verso la stessa via della compagnia stessa. Non serve alzare la voce, in un mercato affollato bisogna essere più creativi e passatemi in termine “strani” possibile. Le compagnie disruptive hanno cambiato il nostro stile di vita in un modo o nell’altro. Ecco qualche esempio di azienda che ha superato sé stessa in fatto di marketing e non solo:
Le aziende disruptive hanno il dono di captare i trend più in voga del momento e di un futuro prossimo usandoli a loro favore. Perciò ecco alcuni trends che con altissime probabilità guideranno il futuro dei viaggi: Personalizzazione delle esperienze: Sulle piattaforme social il nostro feed è personalizzato seguendo i gusti che un algoritmo ha estrapolato dalle nostre decisioni e azioni eseguite online. Amazon fa la stessa cosa con i suggerimenti che si basano sui trend dei nostri acquisti precedenti, d’ora in poi i viaggiatori si aspettano sempre più viaggi personalizzati appositamente per loro. Donne in viaggio: In America una ricerca ha mostrato come in media il viaggiatore avventuriero non sia un uomo, bensì una donna, di solito 47 anni. Il 75% dei viaggiatori alla ricerca di avventura, natura e viaggi simili sono donne tra i 20 e i 70 anni. Secondo l’Harvard Business Review le donne hanno un valore di $15 miliardi in potere di acquisto. Moltissime sono alla ricerca di solo travels. Secondo il Report di monitoraggio trimestrale che si occupa dei trend demografici e alle performance economiche delle start up, quest’ultime in Italia sono più di 10mila e in aumento; la Lombardia da sola ne ha viste nascere quasi il 27% con la sua Milano che ne ha più di 2000. Il Lazio e Roma, in particolare, supera le mille conquistando il suo bel 10,2% nazionale, in terza posizione abbiamo Napoli con uno stacco di numeri notevole (360). Ogni start up va collocata all’interno di un settore e la maggior parte di queste si inserisce all’interno dei servizi alle imprese, solo il 17,6% nel manufatturiero e una minuscola percentuale nel commercio. Queste iniziative possono essere definite innovative nel momento in cui soddisfino determinati requisiti:
LYNX è un monopattino elettrico con caratteristiche molto innovative: proprio per rispondere ai pain-points degli utenti coinvolti durante la fase di design, è stato progettato con un occhio di riguardo a:
Se, invece, vuoi dare un'occhiata al loro sito web basta cliccare qui. Fonti:
Ilsole24ore.com Corrierecomunicazioni.it |
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April 2022
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