Turismo e Resilienza3/25/2021 0 Comments La facoltà di turismo e gastronomia dell’ universidad Autonoma del Estado de Mexico ha organizzato un ciclo di conferenze dedicato alla vulnerabilità e alla resilienza nel turismo. Il 5 marzo, per il primo intervento del ciclo di conferenze, dove ha parlato il Dottor Alberto Amore, insegnante universitario internazionale presentando “Questing the resilience in tourism” la quale può essere più o meno tradotta come “cercando la resilienza nel turismo” Un intervento estremamente interessante soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione turistica a livello di politiche di pianificazione. Un discorso che si incentra sulla vulnerabilità delle destinazioni turistiche nei confronti di rischi ed eventi inevitabili (ad esempio terremoti in zone tendenti a movimenti sismici o una pandemia). La vulnerabilità è un termine che nel settore fino a 20 anni fa non veniva quasi menzionato. Viene intesa come il riconoscimento dei rischi che i luoghi corrono, la comprensione di questi e la preparazione basata e pianificata su eventi già avvenuti in passato e che possono formarci in funzione del futuro. Questo è estremamente importante per moderare gli impatti che tutti gli attori di una destinazione dovranno affrontare nel caso di eventi inevitabili. Se guardiamo alla situazione attuale data dalla pandemia, pensiamo in primo luogo alla ripercussione economica che essa ha avuto, portando alla chiusura e allo stop delle maggior parte delle attività di business, voli vuoti, distanze di sicurezza. Dobbiamo essere consci però del fatto che il settore turismo e viaggi è un campo che è sempre stato estremamente esposto a problemi sanitari (esempi lampanti sono le epidemie di Norovirus nelle crociere, o il caso dell’epidemia di SARS nel 2003). Un settore che cresce senza sosta dagli anni ’70, un’ economia che ha mosso 1,4 miliardi di turisti solo nel 2018. La vulnerabilità del settore spazia dall’esposizione a catastrofi naturali alle ondate di epidemie e impatta tutti gli attori coinvolti, dai business alle comunità locali. Covid-19 non è il primo e non sarà, purtroppo, l’ultimo caso. La fragile esposizione del settore riguarda aspetti politici, ecologici, culturali e tecnologici in un unico insieme, e quando si tratta di previsione e organizzazione tutti e quattro i fattori devono essere presi in considerazione senza nessuna esclusione, perché profondamente connessi l’uno all’altro. Infatti, uno studio condotto da Greenberg e Gotham (2014) ha dimostrato con il modello “crisis-driven vulnerability” che eventi come le torri gemelle 9/11 o l’uragano Katrina avrebbero potuto essere previsti vista l’esposizione delle città in questione a questo tipo di rischi, data da una determinata organizzazione politica e sociale. E la resilienza? La definizione in psicologia è forse quella che tutti conosciamo, ovvero la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Ma c’è un’altra definizione, forse più adatta, per quanto riguarda la resilienza applicata nel nostro contesto. Infatti, la resilienza viene anche definita come la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Il dottor Amore ha sottolineato come il termine resilienza è in opposizione al concetto di vulnerabilità. Una popolazione resiliente è un gruppo di persone consapevole e vigile nei riguardi delle sue vulnerabilità contro eventi e rischi specifici (sia a breve che a lungo termine). Una destinazione che non è conscia dei propri rischi non può essere considerata resiliente. La resilienza nasce dalla capacità di affrontare il problema senza cadere, non di reagire alla difficoltà dopo che questa si è mostrata, come generalmente si tende a pensare. come ci si organizza in modo resiliente? Quando ci riferiamo ad una specifica destinazione ci sono delle domande da prendere in considerazione: chi determina l’attrattività di un paese? Quali interessi e settori sono inclusi? Qual è il nostro focus generazionale e quali obiettivi vogliamo raggiungere nel costruire una società resiliente? Una volta determinata l’attrattività di una destinazione in termini di sviluppo e pianificazione possiamo finalmente analizzare gli elementi che potrebbero costituire un approccio resiliente nei confronti di determinati eventi. Ma quale resilienza deve essere anteposta alle altre? Sicuramente l’attore più importante del settore è riconosciuto nella comunità locale, la quale forma l’attrattività per diversi tipi di turismo e l’unicità culturale di un luogo. Nel momento dell’organizzazione politica di una destinazione, la comunità locale dovrebbe rappresentare il centro nevralgico da cui le decisioni poi verrebbero prese in funzione della raggiunta di un’autonomia locale e del rafforzamento della comunità. Durante l’organizzazione di un luogo la visione a lungo termine è un MUST. Cosa ci permette di avere una destinazione resiliente? I fattori di resilienza esposti dal professore durante la conferenza sono i seguenti: La consapevolezza delle proprie vulnerabilità in primis, intraprendere un piano di sviluppo che benefici la comunità locale, impegnarsi in una pianificazione collaborativa con tutti gli attori del settore, ridefinire l’amministrazione operando sia a livello regionale che locale. La ripresa non sta nell’emulare la buona condotta dei nostri concorrenti o destinazioni importanti (non funzionerebbe per via delle necessità che variano basate su fattori estremamente diversi da una regione all’altra), sta nella collaborazione e riorganizzazione. Sicuramente le parole d’ordine di oggi per affrontare un mondo sempre più veloce ed esposto sono: IMPARARE DAL PASSATO.
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